Determinazione del carico termico

Quando affrontiamo un problema relativo al raffreddamento o riscaldamento di un processo, esistono tre fattori che vanno analizzati in prima battuta, per poter stabilire dei punti fermi dai quali partire.
Il primo fattore è il tipo di fluido di raffreddamento/riscaldamento da utilizzare

  • Aria
  • Acqua
  • Vapore
  • Olio diatermico

LIVELLO DI TEMPERATURA RICHIESTO

Il secondo fattore, come abbiamo visto nel capitolo dedicato al glossario, è capire qual è il livello di temperatura richiesto dal processo. Questo allo scopo di centrare correttamente il tipo di macchina da utilizzare e, nell’ambito del tipo di macchina scelta, quanto le sue prestazioni dovranno essere spinte.

CARICO TERMICO RICHIESTO

In terzo luogo, si tratta quindi di definire quantità di energia che dovremo dissipare/ somministrare al processo in questione. Il cliente ha infatti solitamente ben chiaro che tipo di raffreddamento/ riscaldamento è necessario per il proprio processo, e altrettanto ha una idea sufficientemente chiara del livello di temperatura che deve raggiungere per ottenere una produzione di qualità.
La parte più complicata è legata alla definizione del carico termico richiesto, ossia della potenzialità termica necessaria.
Infatti, quando si chiede al cliente “quanti KW di riscaldamento/ raffreddamento dobbiamo asportare/ apportare?”, il più delle volte la risposta è… un generico non saprei.
Nel caso in cui il nostro cliente sia un costruttore di impianti o macchine, per ovvi motivi, questo dato è solitamente già abbastanza definito.

Quando invece ci troviamo ad avere a che fare con un produttore finale, ovvero un ‘end user’, ci potremo trovare di fronte alla risposta di cui sopra… ‘non saprei’.
In questi casi, l’esperienza di anni di lavoro ci ha permesso di attuare una strategia di calcolo, piuttosto raffinata ed efficace, che cercherò di condividere almeno sommariamente. Infatti, la determinazione del carico termico è il passaggio più delicato e importante, in quanto da questa dipende la selezione della macchina e dei componenti del sistema di raffreddamento/riscaldamento. Un errore in questa fase si ripercuote su tutto il progetto in modo esponenziale.

Oltre a sbagliare clamorosamente la potenza termica della macchina, questo errore causa conseguentemente una errata valutazione delle portate dei fluidi di raffreddamento/riscaldamento, con conseguente errato dimensionamento delle pompe o dei ventilatori, ma anche delle relative condotte, che risulteranno troppo piccole per eventuali correzioni di tiro. Insomma, si innesca un circolo vizioso, che può costare molto caro.

Se avete dei dubbi, rivolgetevi a un professionista, che sicuramente sarà in condizione di cautelarvi sulle scelte fatte. Se ulteriormente non vi sentite sicuri, cercate di raccogliere quanti più dati possibile, per poter incrociare magari diversi sistemi di verifica del carico termico.

Arriviamo al punto: in sostanza si tratta di definire la quantità di prodotto che viene realizzato sulla linea del cliente che deve essere raffreddata/riscaldata. A questo punto, fermo restando il fatto che a livello di temperature anche l’end user sa benissimo che risultati vuole raggiungere, andiamo a determinare il calore specifico del prodotto, che, moltiplicato per produzione oraria e salto termico da realizzare, ci dà un’idea già più chiara della potenza termica di cui stiamo parlando.
A questo valore, vanno poi aggiunte dispersioni termiche, apporti termici da macchinari legati alla produzione/ movimentazione del prodotto, effetti convettivi e/o induttivi. Insomma, qui si entra nel tecnico è vero, ma stiamo pur sempre parlando di valori ed effetti rilevabili in qualche giornata di verifiche fatte sul posto, armati di termometri di prossimità e pazienza.
A questo punto il gioco è fatto… abbiamo il numero magico.

Attenzione, in questa fase non facciamoci prendere da eccessivi entusiasmi, ma se possibile facciamo una verifica ulteriore, magari incrociando ulteriori dati, in modo che i risultati portino tutti nella stessa direzione. Spesso il cliente, prima di approcciare un nuovo sistema di riscaldamento o raffreddamento, ha esperienze di vecchi impianti o di vecchi sistemi. Facendo una verifica di questi ultimi, potrete avere un riscontro sui vostri calcoli.
Non abbiate mai timore di chiedere, anche se potrebbe apparire come un terzo grado nei confronti del cliente!!!

UN ESEMPIO PRATICO

  • Cliente: forgiatura di acciaio
  • Applicazione: spegnimento in bagno di tempra della produzione

Dati definiti:

  • Lavoro termico: raffreddamento
  • Fluido di raffreddamento: olio di tempra
  • Livello di temperature: acciaio in ingresso 900°C, che va raffreddato rapidamente a 80/90°C

Il processo di tempra e spegnimento è ben conosciuto dal cliente, che sa benissimo come agitare il fluido (olio) per raffreddare i pezzi.
Alla domanda “quante chilocalorie dobbiamo asportare?”… nessuna risposta.
Chiediamo allora la produzione oraria, ovvero quanti quintali di acciaio contano di trattare ogni ora.
50 q.li
Perfetto, abbiamo quasi tutto:
Quantità di calore = produzione oraria * salto termico * calore specifico
Q = 5000 (kg/h) * (900-90)(°C) * 0,16716 (Kcal/kg°C) = 676.990 Kcal/h

Un’ultima nota. Verificate l’indice di contemporaneità delle lavorazioni: nel caso ci siano più lavorazioni in parallelo, non è detto che funzionino tutte contemporaneamente, così come potrebbe invece avverarsi il contrario.
Questo fatto è importante non solo per la determinazione della potenzialità termica della nostra macchina o del nostro impianto di raffreddamento/riscaldamento, ma anche perché potremmo sfruttare i tempi ‘morti’ per accumulare freddo o caldo da utilizzare nei momenti di ‘punta’, rendendo ancora più efficiente il sistema.
Più avanti magari vedremo come possiamo sfruttare anche queste possibilità per far risparmiare energia.

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