Interessante notizia, mi è balzata agli occhi googolando nei vari siti di informazioni tecniche.
Ovvero free cooling!!!
Elementi tipici. Sono costituiti da un pacco di piastre tutte uguali, ottenute da lamiera per stampaggio a freddo con differenti forme di corrugazioni superficiali, aventi angoli differenti a seconda dello schema termico che si desidera ottenere.
I fluidi lambiscono le piastre, percorrendo i canali che si formano tra di esse, che inducono il fluido in moto turbolento anche a basse velocità.
Le piastre sono sostenute da un telaio e pressate da una testata mobile del medesimo.
Sono modulari, facilmente smontabili per pulizia o successivi ampliamenti, hanno basse perdite di carico (cadute di pressione), in caso di perdite garantiscono l’impossibilità del trafilamento da un fluido verso l’altro, grazie al doppio effetto della guarnizione.
Gli impianti di produzione e lavorazione dell’acciaio lavorano ad elevate temperature e vi è la reale e concreta necessità di raffreddamento, con potenzialità di dissipazione enormi.
In questo specifico ambito la macchine di gran lunga più utilizzata è la torre evaporativa. Infatti nella sua semplicità di funzionamento, consente di raffreddare cospique quantità di acqua, con un dispendio di energia limitato.
Sono tipiche le immagini che regnano nell’immaginario collettivo, di grandi acciaierie, legate ad installazioni di torri evaporative altrettanto enormi.
Lo sporcamento degli scambiatori di calore, ha ripercussioni importanti a livello di costi nel settore industriale. Alcuni studi hanno valutato un costo di 4 miliardi di dollari l’anno nei soli Stati Uniti. Infatti lo sporcamento causa una diminuzione di efficienza, causando un incremento dei costi energetici, aumenta la frequenza dei fermo macchina, causando di conseguenza costose interruzioni di produzione. Per compensare queste spese, si aggiunge deliberatamente un valore di sovradimensionamento nel progetto degli scambiatori stessi. La soluzione più comune è quella di adottare un valore di fouling factor. Nella progettazione di scambiatori a piastre invece di agire sul fouling factor, si agisce sulla percentuale di superficie di scambio (oversurface). E’ una soluzione utilizzata comunemente, che implica la diminuzione del rendimento dello scambiatore, aumentandone le dimensioni e diminuendo le velocità dei fluidi, ovvero diminuendo i valori del coefficiente globale di scambio termico.
Ho trovato un interessante articolo che parla di scambiatori di calore a questo link.
Come ho avuto modo di spiegare spesso in vari articoli, quasi tutti i processi produttivi industriali necessitano di essere termoregolati, ovvero di mantenere costante la temperatura, allo scopo di ottenere standard produttivi di alto livello e con precisione e ripetitività costante.
E’ anche assodato, che parecchie macchine operatrici (se non tutte in varie forme e modalità), durante i cicli di trasformazione del lavoro elaborato, producono quantità di calore più o meno importanti. Proviamo a pensare ai motori endotermici, oppure alle centrali idrauliche o ancora ai compressori di aria.
In tutte queste macchine, il lavoro meccanico che serve per ottenere un risultato finale, forza motrice, pressione idraulica, aria compressa…generano anche una quantità di calore, che va dissipata, per evitare che le temperature degli organi meccanici, raggiungano livelli che ne compromettano l’utilizzo.
Tutta queste macchine infine, sono dotate di scambiatori di calore, che hanno lo scopo di raffreddarle, per consentire di lavorare alle corrette temperature.
Questi cascami di calore, che potremmo definire come energia di terzo o quarto livello, possono essere sicuramente recuperati.
Gli impianti di calandratura o di stampaggio delle materie plastiche, hanno macchine con rulli di dimensione più o meno grande, che servono a stampare, modellare, goffrare…in definitiva a “lavorare” una lamina di materia plastica o gomma, dandole un aspetto finale, che ne permetta l’impiego per la realizzazione di manufatti di vario tipo.
Questo tipo di lavorazione è molto diffuso e negli anni è diventato sempre più sofisticato, con lo scopo di raggiungere risultati decisamente sorprendenti, dal punto di vista del prodotto finito.
Apro questo articolo con una immagina emblematica quanto il titolo…
spesso ne ho parlato, ma giova riproporlo quando arriva il gelo.
https://www.tempco.it/blog/2279/antigelo-a-lunga-durata-long-life/
https://www.tempco.it/blog/2166/riparare-gli-scambiatori-di-calore/
https://www.tempco.it/blog/2058/lungo-lunghissimo-inverno/
https://www.tempco.it/blog/1989/freddo-ghiaccio-e-circuiti-idraulici/
https://www.tempco.it/blog/786/gelo-e-danni-negli-scambiatori-di-calore-ariaacqua/
Ho scritto diversi articoli relativi alla dissipazione di emergenza ed al raffreddamento dei motori installati a servizio di impianti di produzione di energia elettrica di emergenza o per cogenerazione.
Solitamente questo compito è delegato a scambiatori ad aria, i classici elettroradiatori.
Sui piccoli motori il radiatore è solitamente montato a bordo, completo di ventilatore elettrico o azionato direttamente da una presa di forza sul motore.
Sui motori di maggiore potenza, tipicamente utilizzati per impianti di cogenerazione o produzione di energia elettrica di emergenza o in continuo, il radiatore viene installato a bordo oppure nella maggior parte dei casi in posizione più o meno remota, sopra il tetto del conteiner che contiene il gruppo di potenza o addirittura in copertura all’edificio.
Una torre evaporativa è una macchina termica che serve alla rigenerazione delle acque che alimentano sistemi di termoregolazione industriale, sempre più utilizzata sia per le grandi utenze con elevate quantità di calore da gestire, sia per le utenze minori, con modelli di torri più leggere ed economiche. Il raffreddamento in queste macchine termiche avviene per trasferimento di massa, processo di scambio termico in cui l’acqua cede calore all’aria, trasformandosi in parte in vapore acqueo e asportando l’energia necessaria per il passaggio di stato dalla massa d’acqua restante, che in conseguenza si raffredda.
Il processo dipende molto dalle condizioni esterne ambientali e dal grado di umidità dell’aria: più l’aria d’ambiente è secca, più efficace sarà il processo di evaporazione e quindi più basse le temperature ottenibili e maggiore il rendimento delle torri. Nel raffreddamento con torri evaporative sono comunque in gioco valori termici relativamente bassi, con temperature in uscita sui 20-25 gradi e in entrata di circa 40. La temperatura minima del liquido in uscita, raffreddato nel processo di evaporazione, è comunque circa di soli 3 gradi superiore alla temperatura di bulbo umido, che è la minima temperatura raggiunta dall’aria al termine del processo di evaporazione stesso, che rende l’aria satura di vapore acqueo a tal punto che il processo evaporativo si ferma.
In una torre evaporativa l’abbattimento termico avviene pertanto per contatto diretto con l’aria. Esistono diverse tipologie di torre evaporativa, ma la più semplice e diffusa ha la tipica forma di cilindro (o parallelepipedo per le torri medio/piccole prefabbricate) con la strozzatura in alto, che induce un tiraggio naturale dell’aria dal basso verso l’alto. L’aria entra dal basso della torre, e per questo possono essere utilizzati anche ventilatori per aumentare la circolazione dell’aria nella struttura e rendere il ciclo di raffreddamento più spinto. La forma fa in modo che l’aria d’ambiente in entrata dal basso venga risucchiata verso la bocca in alto. Dall’alto viene spruzzata acqua da raffreddare proveniente da un condensatore o da macchinario a circuito termico ad acqua, che viene frammentata in goccioline minute grazie a una serie di separatori e diaframmi. Tale acqua in entrata ha una temperatura elevata, in virtù del calore assorbito nel ciclo termico asservito e a contatto con l’aria fredda questa acqua spruzzata evapora in parte, dissipando il calore accumulato. L’acqua così raffreddata si raccoglie in un bacino alla base della torre evaporativa ed è pronta per essere reimpiegata.
Una torre evaporativa implica consumi e costi di funzionamento, sui quali è pertanto opportuno ragionare in sede di progettazione per limitare al massimo il dispendio energetico e il consumo di acqua. Il processo di raffreddamento ottenuto con una torre evaporativa comporta infatti un consumo di acqua, dispersa sotto forma di vapore acqueo in quel tipico pennacchio bianco che caratterizza le torri evaporative, in quantità direttamente proporzionale alla quantità di calore che l’impianto deve dissipare. Il passaggio allo stato di vapore di un litro d’acqua asporta 600 kcal in termini di calore. Pertanto una torre evaporativa consuma quantità d’acqua proporzionali alla quantità di calore complessiva che il sistema deve smaltire. Altri fattori di consumo e costo in una torre evaporativa sono poi legati all’elettricità assorbita dalle pompe di circolazione, impiegate per portare l’acqua in cima alla torre, e dai sistemi di ventilazione per movimentare l’aria in aspirazione alla base.
Per ottimizzare i consumi energetici di una torre evaporativa, è possibile intervenire diminuendo la quantità di energia necessaria al funzionamento del sistema con un adeguato e oculato progetto e studio delle caratteristiche della torre evaporativa stessa, determinando da subito riduzioni nei consumi energetici alquanto significative su impianti di grande portata e dimensioni. Occorre infatti studiare con attenzione la struttura della torre, poiché modificando elementi dimensionali che diminuiscono la portata d’aria e le superfici di scambio dei pacchi di riempimento, nasce il bisogno di provvedere all’immissione di aria con potenti ventilatori che consumano grandi quantità di elettricità, annullando il risparmio ottenuto sui costi di costruzione iniziali. Puntare su una torre di dimensioni ridotte per spendere di meno, si rivela pertanto a lungo termine una pessima scelta in termini economici e di consumi energetici.
A seconda dei carichi termici e del carico idraulico da gestire è invece opportuno aumentare le superfici di scambio e le dimensioni, in modo da forzare il meno possibile la ventilazione per ottenere il corretto funzionamento della torre e la dissipazione richiesta dei carichi termici. Una ventilazione ridotta diminuisce anche la velocità dell’aria in uscita, limitando i consumi di acqua persa per trascinamento.
Un’ottimale ideazione della torre, per disegno e dimensionamento, richiede pertanto impianti di ventilazione meno spinti, il che porta anche a minore rumorosità della torre. Le torri evaporative sono infatti spesso macchine termiche rumorose, e per ridurre l’inquinamento acustico si fa spesso ricorso a silenziatori che abbattono il rumore prodotto dai ventilatori, macchinari che non fanno che aumentare ulteriormente i consumi di elettricità.
Pertanto, studiare l’ottimale dimensionamento di una torre evaporativa in fase di progetto è importante in quanto può ridurre in primis la ventilazione forzata, e in secondo luogo perché sfruttando la presenza di ostacoli d’ambiente esistenti, muri o altre superfici riflettenti che fanno da barriera alla diffusione del rumore, è possibile anche evitare il ricorso a silenziatori. Accorgimenti da definire in fase di progetto che possono incidere fortemente sui consumi energetici e sui costi a lungo termine di ogni sistema di termoregolazione industriale che si avvalga di una torre evaporativa.