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Collegamento tubazioni negli scambiatori di calore

Una domanda che ci viene posta spesso in Tempco riguarda la possibilità o meno di invertire le connessioni e i collegamenti dei fluidi all’interno di uno scambiatore di calore a piastre. A questo ho voluto dedicare il nuovo video tutorial sul nostro canale Tempco Youtube. La risposta nella maggior parte dei casi è affermativa, con alcune eccezioni, per cui è sempre opportuno chiedere prima.

La richiesta riguarda generalmente la possibilità di invertire verso e direzione dei flussi oppure scambiare il circuito primario e secondario tra loro. Gli scambiatori di calore hanno generalmente una struttura simmetrica dei circuiti, ragion per cui è possibile sia invertire la direzione del flusso dei due fluidi, che scorrono nello scambiatore tipicamente in controcorrente, sia l’inversione tra circuito primario e secondario. In entrambi i casi senza grandi cambiamenti nel rendimento complessivo dello scambiatore di calore in termini di trasferimento termico.

Ripeto, è sempre però meglio chiedere, in quanto esistono casi in cui i due circuiti non sono simmetrici, o ad esempio quando ci sono esigenze di drenaggio. E’ questo il caso per esempio del vapore, che deve invece sempre entrare dall’alto dello scambiatore, in modo da poter scaricare la condensa verso il basso per assicurare un completo drenaggio dallo scambiatore. Con il vapore è quindi possibile invertire primario e secondario, ma non la direzione dei flussi.

Vetroresina nelle torri evaporative

Le tecniche costruttive e la scelta dei materiali per la realizzazione di Torri evaporative tiene conto di diversi fattori, tra cui la tipologia di acqua con cui l’impianto lavorerà. Oltre all’acciaio, una scelta frequente è la costruzione in vetroresina, materiale che offre una serie di vantaggi che sono ben illustrati in questo articolo.

torri evaporative

A fronte di un costo superiore, legato fondamentalmente alla necessità di disporre di un parco stampi dedicato, la vetroresina è infatti la scelta preferenziale di molti costruttori di torri evaporative a circuito aperto e chiuso per la realizzazione sia di componenti che di profili strutturali. Il pregio principale della vetroresina è certamente il fatto che, in costante presenza di acqua, il materiale non si ossida, non è esposto a corrosione, importante in caso di acqua chimicamente aggressiva, e non teme le intemperie, esente pertanto alla manutenzione. La vetroresina offre inoltre un peso inferiore in confronto all’acciaio e all’impiego di pannelli di lamiera presso-piegati, e se necessario può essere riparata a nuovo con facilità.

La tecnica produttiva del materiale a stampo avviene per stratificazione successiva di tessuto di vetro, detto ‘mat’, imbevuto di resina. Una volta catalizzata la resina fa corpo unico con i diversi strati di mat, conferendo consistenza strutturale, ottenendo pezzi robusti e dalla superficie omogenea. Un particolare orientamento delle fibre di vetro può anche essere studiato per consentire al pezzo stampato di sopportare e distribuire meglio carichi statici e dinamici.

torri di raffreddamento

I profili strutturali in vetroresina vengono invece prodotti per pultrusione (estrusione per trazione) mediante trafila, utilizzando un impasto di resina catalizzata amalgamato con fibra di vetro a fibra continua, onde garantire la resistenza meccanica e strutturale richiesta alla struttura della torre di raffreddamento.

I pezzi vengono quindi protetti dai raggi UV mediante verniciatura esterna con un apposito gelcoat, mentre all’interno viene impiegato un gelcoat paraffinato per impermeabilizzazione e impedire fenomeni di osmosi.

Cosa è e come funziona una pompa di calore

Personalmente non mi è mai piaciuta la parola pompa di calore, in quanto il termine confonde le idee. La pompa di calore è di fatto un gruppo frigorifero reversibile, ovvero che può funzionare con inversione di ciclo facendo caldo o freddo, come spiego nel nuovo video tutorial sul nostro canale YouTube Tempco. Come tutti sappiamo, un refrigeratore non ‘produce freddo’, letteralmente, ma asporta calore che finisce nel condensatore. Così come avviene nei frigoriferi che tutti abbiamo in casa, la cui parte posteriore è sempre calda.

La pompa di calore funziona in pratica come un frigorifero in estate, sottraendo calore all’ambiente da condizionare tramite uno scambiatore freddo, detto evaporatore, dove evapora il gas frigorigeno ed evaporando assorbe energia, ossia il calore dall’aria, dal liquido o dal fluido da raffreddare, producendo l’effetto percepito di ‘emettere freddo’. Il gas porta quindi il calore sottratto dall’ambiente allo scambiatore caldo, detto condensatore, disperdendo energia verso l’esterno ed emettendo pertanto caldo.

Una valvola di inversione di ciclo provvede in inverno a invertire la funzionalità dei due scambiatori, ossia il condensatore diventa un evaporatore e sottrae calore dall’ambiente esterno, incanalandolo all’ex evaporatore che diventa condensatore, e che veicola il calore all’interno dell’ambiente da riscaldare.

Ovviamente, in inverno essendo l’ambiente esterno molto freddo e magari umido, l’evaporatore esterno tende a ghiacciarsi, quindi ogni tanto avviene un ciclo di sbrinamento (si inverte il ciclo per qualche minuto) e si fa passare il gas caldo nello scambiatore esterno per sciogliere il ghiaccio che dovesse essersi formato, ripristinando l’efficienza e facendo poi ripartire il tutto in funzione invernale. Tutto questo avviene in automatico.
Durante il ciclo di sbrinamento nell’ambiente interno non si avrà il riscaldamento, ma si tratta di una fase che solitamente dura solo qualche minuto.

iTempco, ecco la piattaforma IoT per la termoregolazione di Tempco

Tempco fa il suo ingresso nell’era di Industry 4.0 con la piattaforma IoT iTempco per il monitoraggio degli impianti di termoregolazione industriale. Connettività, big data e analytics oggi aprono infatti una nuova era anche nella gestione dell’energia termica, consentendo di raggiungere nuovi livelli di ottimizzazione degli asset e di efficienza energetica grazie al monitoraggio in tempo reale dei dati di stato dei macchinari e di processo.

La piattaforma IoT iTempco offre una varietà di tool per il monitoraggio delle proprie apparecchiature da remoto, con  funzionalità avanzate di manutenzione predittiva, service, assistenza e gestione  di macchine, strumentazione e impianti.

IoT termoregolazione 4.0 iTempco

Al cliente viene fornito il dispositivo di interfaccia hardware pre installato sull’apparecchiatura Tempco, che abilita la connettività dell’impianto. Il dispositivo provvede quindi alla raccolta dei dati che andranno ad alimentare la dashboard di iTempco per il monitoraggio e il rilevamento di anomalie e consentire la modifica da remoto dei parametri di configurazione di centraline di termoregolazione e macchine termiche.

E’ così possibile non solo massimizzare l’efficienza della produzione ottimizzando i costi, ma anche aumentare la disponibilità degli impianti grazie alla rilevazione tempestiva di anomalie e a piani di manutenzione predittiva pianificati sui dati reali di funzionamento degli impianti.

Chiamiamola Smart Thermoregulation… siete pronti a entrare con noi nel mondo della Termoregolazione 4.0 di iTempco?

Acqua che bolle in pentola e pitting negli scambiatori

Partendo da una domanda dal sapore ‘culinario’, cogliamo lo spunto per parlare di pitting negli scambiatori a piastre, effetto noto anche come vaiolatura. E’ infatti davvero molto illuminante la risposta che viene data a questo link al quesito se in una pentola per cucinare la pasta sia meglio aggiungere il sale all’acqua quando bolle o prima. La pratica corretta è aggiungere il sale a bollore in corso, in quanto le bolle che salgono impediscono al sale di depositarsi sul fondo, dove a contatto con il metallo della pentola assorbe il calore più rapidamente dell’acqua, in quanto grani solidi, creando un’area di contatto tra sale, acqua e metallo molto corrosiva per la pentola.

pitting da cloruri acciaio inossidabile

Il pitting è il risultato, ovvero piccole intaccature che con il tempo deteriorano la superficie del metallo scavando dei piccoli buchi. L’esempio del sale grosso nell’acqua in cucina rende bene l’idea di come avviene il pitting da cloruri con qualcosa che tutti conosciamo per pratica quotidiana. Lo stesso fenomeno lo osserviamo sulle piastre degli scambiatori di calore, quando in presenza di concentrazioni localizzate di elementi corrosivi (cloruri o altro) avviene la perforazione delle piastre.

pitting scambiatori di calore a piastre

Facciamo un esempio con impianti di ossidazione anodica.
Il fluido coinvolto in questo caso è acido solforico in percentuali tali che l’acciaio inox AISI 316 è più che sufficiente per resistere chimicamente all’aggressione. Nella zona dei bocchelli accade però che ad impianto fermo ci sia un ristagno di prodotto, con effetto di concentrazione dell’acido, che a lungo (o medio) termine provoca il tipico pitting e quindi la perforazione per corrosione delle piastre.

Per tale motivo in applicazioni come questa e analoghe è preferibile selezionare un materiale più resistente, come l’AVESTA 254 SMO, un tipo di acciaio inossidabile austenitico ad alto contenuto di molibdeno che offre nello specifico una elevata resistenza a corrosione e pitting.

Deumidificare il biogas nella cogenerazione

Parliamo ancora di cogenerazione nel nuovo video tutorial che trovate nel nostro canale YouTube Tempco. In particolare ho voluto toccare l’argomento biogas, uno dei fluidi maggiormente impiegato per la cogenerazione. Prodotto da rifiuti organici, il biogas funge infatti da ottimo combustibile per alimentare motori che producono energia elettrica e termica.

Si tratta di una catena molto virtuosa, in linea con quella che oggi viene chiamata Economia circolare, e che recupera in questo caso dei rifiuti per la produzione di cogenerazione.
Nelle applicazioni a biogas per cogenerazione la tipologia di scambiatori adottata è ancora quella degli scambiatori di calore a fascio tubiero. Prima di essere immesso nel sistema il biogas richiede però un pre-trattamento, per eliminare elementi inquinanti che può contenere e soprattutto per togliere l’umidità contenuta in alto tasso nel biogas, che altrimenti se bruciato nel motore lo danneggerebbe irreparabilmente.

Il trattamento del biogas prevede una parte di trattamento termico che provvede alla deumidificazione di questi gas, che solitamente hanno temperatura di 34-40°C circa (per la parte di trattamento chimico, come desolforazione o rimozione della CO2, si veda ad esempio alla pagina a cui rimanda il link). Il biogas viene pertanto raffreddato grazie all’impiego di un chiller che lavora a temperature molto basse, circa 0° C, abbinato a uno scambiatore a fascio tubiero, al cui interno nel mantello passa il fluido freddo, in genere acqua e antigelo. All’interno dei tubi dello scambiatore passa quindi il biogas. I tubi sono tipicamente dritti e scovolabili per facilitarne la pulizia dalle particelle che il gas può portare ma non solo: infatti l’acqua che condensa a contatto con il flusso freddo dell’acqua glicolata deve poter drenare perfettamente per essere raccolta in uscita dallo scambiatore da appositi separatori di condensa.

Si tratta in genere di scambiatori molto lunghi, in quanto la lunghezza consente al biogas di transitare all’interno dello scambiatore per un tempo sufficiente a eliminare tutta l’umidità contenuta. Il biogas deumidificato viene quindi inviato tramite appositi soffianti al motore, post-riscaldato in alcuni casi per portarlo a una temperatura idonea alla combustione.

I materiali costruttivi di questi scambiatori sono acciaio al carbonio per il mantello, senza ricorso a giunti di dilatazione in quanto le differenze di temperatura sono limitate. Le testate possono pure essere in acciaio al carbonio, le tubazioni in rame. Nel caso in cui i biogas contengano elementi altamente aggressivi e corrosivi per rame e acciaio al carbonio si dovrà invece optare per una costruzione di testate e tubi completamente in acciaio inox.
Le tubazioni infine sono mandrinate e, per mia preferenza, saldate, per scongiurare ogni possibile perdita di acqua glicolata all’interno del circuito del biogas in deumidificazione.

Termoregolazione Atex nel settore chimico

L’industria chimica e farmaceutica hanno necessità di regolazione delle temperature nelle varie fasi dei processi produttivi essenziali alla qualità del prodotto finale, molto spesso ne abbiamo parlato. Abbiamo appena sviluppato una nuova interessante applicazione proprio per un cliente nel settore, per la fornitura di alcune centraline di termoregolazione per un nuovo impianto chimico per la produzione di additivi, per una serie di prodotti chimici destinati a diversi mercati, lubrificanti, plastica, acqua e petrolio. Le centraline sono asservite alla termoregolazione dei reattori in produzione.

termoregolazione atex impianto chimico

Il cliente ha disponibile nell’impianto olio diatermico da caldaia ad alta temperatura, +270°C, il che ha dato il la per studiare una soluzione di recupero di calore mediante unità di termoregolazione con scambiatore olio/olio sulla fase di riscaldamento, per la termoregolazione dei prodotti in lavorazione in un range di temperature compreso tra 10° e 200°C.
Il fluido di riscaldamento è Therminol 66, mentre il fluido di lavoro è Therminol D12.

Il ciclo di raffreddamento è invece composto da scambiatore acqua/olio, con acqua di torre evaporativa 30° C come fluido di raffreddamento, che viene immessa in uno scambiatore adatto a funzionamento con acqua a 10° C per eventuali future estensioni del range di funzionamento.

regolazione temperatura impianto chimico

La parte delicata del progetto è stata proprio lo scambiatore di calore olio/olio, che per le temperature elevate implicate ha richiesto un accurato lavoro di ingegneria per il calcolo dei coefficienti di dilatazione, degli scambiatori, delle tubazioni e dei giunti interni. Per gli scambiatori sono stati scelti particolari scambiatori a fascio di tubi, detti ‘a chioma’, che hanno tubi svincolati liberi di muoversi all’interno, senza richiedere compensazioni di dilatazione sul mantello. Tutte le giunzioni interne alla centralina sono invece state eseguite con flange e/o saldature, con giunti di compensazione frapposti nei punti a più alta criticità di distensione dei materiali.

Le centraline sono in esecuzione Atex zona 2 IIG per ambiente a rischio esplosivo, complete pertanto di:

  • termostato atex di massima temperatura
  • pressostato atex di massima pressione
  • sonda di temperatura atex con trasmettitore 4-20 mA
  • valvola a tre vie ON/OFF, per selezione scambiatore caldo/freddo DN125, completa di attuatore pneumatico e valvola pilota
  • valvola a due vie ON/OFF su acqua di raffreddamento, completa di attuatore pneumatico e valvola pilota
  • valvola a due vie modulante su Thermionl 66, completa di attuatore elettro-pneumatico modulante
  • valvola a due vie ON/OFF per intercettazione Therminol 66 completa di attuatore pneumatico e valvola pilota

Come poi spesso capita, l’installazione di apparecchiature in questi impianti deve rispettare ingombri ridotti. Per questo abbiamo installato gli scambiatori inclinati, il che ha comportato lavorazioni particolari delle tubazioni con pezzi su misura e calcoli aggiuntivi sulle dilatazioni proiettate sull’angolazione, per la corretta valutazione degli angoli per garantire i drenaggi e la realizzazione di setti interni agli scambiatori adatti al tipo di installazione inclinata, oltre a speciali supporti a sella che consentissero allo scambiatore di muoversi compensando le dilatazioni.

termoregolazione atex industria chimica

La scelta delle connessioni a flangia, oltre a garantire protezione dalle perdite d’olio, che in ambiente Atex diventa critica, è funzionale anche a una facile installazione. Le connessioni flangiate garantiscono infatti la certezza delle quote in caso di montaggio/smontaggio, a differenza delle filettature con cui sono sufficienti uno o due giri di filetto per trovarsi fuori quota, oltre a esporre al rischio di perdite di olio.

industria chimica centralina termoregolazione

 

T COIL alias flessibilità in termoregolazione

Parliamo oggi in questo nuovo video sul nostro Canale Tempco YouTube di una tipologia molto particolare di scambiatori di calore, gli scambiatori T COIL. Si tratta di scambiatori a immersione, che non hanno una versione standard ma vengono realizzati su disegno per le specifiche applicazioni finali.

Gli scambiatori ad immersione della serie T COIL sono scambiatori primari molto versatili ed efficienti, che vengono realizzati con un metodo semplice ed efficace: due lamiere saldate perimetralmente e tramite puntatura vengono rigonfiate mediante elevata pressione, per ottenere una canalizzazione interna che crea una serie di passaggi per il fluido di trasferimento del calore. Il materiale delle lamiere è solitamente acciaio inossidabile AISI, in quanto consente la deformazione a freddo dopo la saldatura senza criccarsi e rompersi.

La notevole resistenza meccanica consente di utilizzare materiali dagli spessori contenuti. Tale peculiarità permette di contenere i costi, ottenendo ottimi coefficienti di scambio termico, minore inerzia e in definitiva una elevata efficienza termica. Gli scambiatori della serie T COIL, possono essere utilizzati per immersione diretta nel fluido da riscaldare o raffreddare oppure mediante applicazione esterna tipo ‘clamp-on’ su serbatoi, tubazioni o macchinari. I fluidi di lavoro possono essere vari, vapore, olio diatermico, acqua, acqua surriscaldata.

 

Le applicazioni sono veramente innumerevoli, in Tempco li utilizziamo nei settori alimentare, chimico, farmaceutico, o ad esempio industria della carta, ma ogni anno ne scopriamo e sviluppiamo noi stessi di nuove che non pensavamo. Dalle prime applicazioni ad immersione per termoregolare acqua, gli impieghi sono andati mano a mano ben oltre, per raffreddamento di granaglie, di polveri, o ancora installati in clamp-on all’esterno di serbatoi al posto delle tradizionali serpentine.

Siamo in grado di produrre scambiatori T COIL in dimensioni standardizzate, gli unici limiti dimensionali sono legati alle misure dei fogli di lamiera spianata o alla larghezza dei coils che si trovano in commercio. La nostra officina può anche realizzare scambiatori e piastre con le dimensioni personalizzate necessarie alle applicazioni più disparate, spaziando nelle forme e geometrie più differenti, per adeguarsi alle specifiche esigenze dei clienti e dei processi che andiamo a termoregolare. Questa peculiare flessibilità costruttiva consente di poter estendere l’applicazione degli scambiatori T COIL a una serie notevole di applicazioni in ambito del raffreddamento e riscaldamento di processi produttivi.

Troubleshooting tenute meccaniche parte 2

Riprendiamo l’argomento del riconoscimento dei danni alle tenute meccaniche e loro risoluzione, dopo aver parlato nel precedente articolo dei problemi legati alla lubrificazione. Le tenute meccaniche possono presentare diverse forme di usura. Un tipo di usura irregolare può essere ricondotta a una eccessiva usura dei cuscinetti e alla presenza di vibrazioni nella macchina.

usura tenute meccaniche

Anche la presenza di piccole quantità di particelle dure all’interno del fluido pompato può portare a danni da usura sulle tenute: queste particelle, depositandosi sulle facce delle tenute meccaniche, agiscono infatti come l’utensile di una rettifica, danneggiando la superficie di contatto. Un tipo di usura intermittente a tratti sulla faccia di tenuta può quindi aversi quando le facce della tenuta non sono perfettamente piane, con costruzione meccanica difettosa della tenuta stessa, come anche per un errato montaggio.

usura faccia tenute meccanicheusura intermittente facce di tenuta

 

Incompatibilità con i fluidi
La scelta dei materiali delle tenute è essenziale per il buon funzionamento di una tenuta meccanica, avendo cura che i materiali siano compatibili con il tipo di liquidi pompati. Problemi derivanti da una errata selezione dei materiali possono essere rigonfiamenti degli elastomeri (swelling), e in questo caso ad aggravare il problema intervengono le temperature elevate e i tempi prolungati di esposizione. Incompatibilità tra materiali e fluidi pompati può portare anche alla corrosione delle tenute, con deterioramento delle superfici di tenuta.

swelling elastomericorrosione tenute meccaniche

Installazione e collegamenti
Anche la corretta installazione è fondamentale per mantenere le tenute meccaniche in buono stato. Qui sotto vedete due esempi di danni alle tenute riconducibili a una errata installazione della tenuta, con conseguenze quali OR tagliati o danneggiati e rotture nell’anello di tenuta.

OR danneggiati tenute meccanicherottura anello di tenuta

E’ inoltre importante che la pressione di lavoro della pompa sia compresa nel range di pressione di design della tenuta meccanica. Se questo valore viene superato, la pressione elevata può danneggiare irreversibilmente la tenuta. Infine, attenzione anche al senso di rotazione della pompa, onde evitare la rottura della molla. Queste rotture possono verificarsi ad esempio per errati collegamenti elettrici del motore, con una pompa collegata in parallelo senza valvole di ritegno, o in caso di flusso di ritorno a pompa spenta.

danni da pressione tenute meccanicherottura molla tenute meccaniche

Per qualsiasi dubbio o necessità, il team di Asssistenza Tempco è al vostro servizio per aiutarvi a risolvere qualsiasi problema.

Recupero fumi in cogenerazione e scambiatori a fascio tubiero

Parliamo oggi di scambiatori a fascio tubiero applicati alla cogenerazione. Davvero tante volte abbiamo già parlato di cogenerazione, e in questo nuovo video appena caricato sul canale YouTube di Tempco parliamo del recupero di calore dai fumi esausti dei motori.

Un impianto di cogenerazione è difatti di norma composto da un motore endotermico che mette in funzione un generatore elettrico per la produzione di corrente. Come dice il nome cogenerazione, ovvero generazione concomitante di energia elettrica e calore, il sistema sfrutta anche l’energia termica prodotta dal motore endotermico. Ciò è possibile grazie al recupero di calore che si ottiene con l’impiego di uno scambiatore a fascio tubiero sul circuito dei fumi di scarico del motore.

I fumi di scarico del motore endotermico hanno in questo caso una percentuale di calore proveniente dal sistema molto elevata, che rende pertanto assolutamente conveniente il recupero stesso di questa energia termica che altrimenti andrebbe dissipata e persa. I fumi esausti sono infatti a temperature molto elevate, che a seconda del tipo di motore e combustibile impiegato possono essere comprese indicativamente tra 550 e 650° C.

Per questa applicazione vengono utilizzati scambiatori a fascio tubiero a tubi dritti e scovolabili, onde consentire la pulizia del tubo stesso data la presenza di pulviscolo e particelle da combustione nei fumi. Il materiale di costruzione è in genere acciaio inox, soprattutto per le due testate e per i tubi che lavorano a diretto contatto con i fumi. I fumi di combustione da gasolio, biogas o metano possono infatti contenere degli elementi acidi che vanno a intaccare e corrodere i materiali dello scambiatore, soprattutto alle alte temperature a cui lavorano.

scambiatore fascio tubiero cogenerazione

Le temperature elevate in gioco in applicazioni di recupero di calore nella cogenerazione richiedono quindi alcuni accorgimenti nella costruzione: onde scongiurare gli effetti dovuti alle dilatazioni termiche dei materiali, quali perdite ad esempio, tutti i tubi devono essere saldati e mandrinati sulle testate, mentre sul mantello esterno, al cui interno viene fatta scorrere l’acqua destinata al recupero dell’energia termica, viene installato un compensatore di dilatazione.

testata scambiatore fascio tubiero cogenerazione