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Tutta la verità su torri evaporative e inquinamento

Sfatiamo un falso mito che diffama le torri evaporative, legato a tematiche ecologiche e ambientali. Molto spesso, infatti, guardando le notizie al telegiornale o sui giornali che parlano di inquinamento, ci vengono propinate immagini di torri evaporative installate in impianti industriali e vicino a centri abitati o strade di passaggio, con il loro tipico pennacchio che fuoriesce dalla sommità.

Ebbene, per gli addetti ai lavori è chiaro che non si tratta di fumo, ma semplicemente di vapore acqueo. Infatti, le torri evaporative sono macchine molto semplici che vengono impiegate per il raffreddamento di acqua nei processi industriali, sfruttando l’effetto di evaporazione dell’acqua per dissipare calore. Il dispendio energetico di una torre di raffreddamento è molto contenuto, mentre di contro le torri comportano un consumo di acqua rapportato alla potenza termica che devono dissipare.

L’enorme pennacchio che fuoriesce dalla sommità di una torre di raffreddamento è pertanto niente meno che vapore acqueo, goccioline di acqua evaporata che vengono trasportate nell’atmosfera. Facile capire come i non addetti ai lavori possano associarlo a emissioni inquinanti e polveri sottili, ma non ha nulla a che vedere: quel pennacchio è solamente vapore acqueo, che diviene ancora più visibile nella stagione invernale per una semplice ragione di differenze di temperatura.

 

L’unico effetto che le torri di raffreddamento possono dare è che questo vapore acqueo condensi in atmosfera durante l’inverno, generando dei cristalli di ghiaccio. Questi possono quindi depositarsi sulle strade nelle vicinanze della torre, rendendo pericolosa la circolazione delle auto. E’ quindi molto facile che nelle prime ore delle mattine d’inverno si vedano degli incaricati di queste aziende che spargono sale sulle strade intorno agli stabilimenti, per evitare il ghiacciamento e la formazione di lastre di ghiaccio.

Le torri evaporative sono in conclusione probabilmente una delle macchine per raffreddamento più ecologiche, e tra le più efficienti per il raffreddamento di acqua nei processi produttivi industriali.

Energia frigorifera da cascami termici: recupero di calore per generare freddo

Ospitiamo con grande piacere un interessente contributo che ci invia Robur, azienda della provincia di Bergamo specializzata in sistemi di riscaldamento e raffreddamento a basso impatto ambientale. In particolare, l’articolo approfondisce il tema della refrigerazione con recupero di calore da cascami di energia ad alta temperatura.

Nella produzione industriale, l’energia termica è una presenza quasi sempre imprescindibile. Molti processi produttivi infatti utilizzano il calore per svariate lavorazioni alimentari, industriali, del tessile, del vetro e della ceramica, della chimica e della petrolchimica, della metallurgia.
Molti di questi processi hanno come residuo di lavorazione, oltre che parte dei materiali lavorati, anche molta energia termica che viene persa a valle dei processi produttivi. Questa energia prende il nome di cascame di calore, o cascame termico (waste heat, in inglese) e si presenta in varie forme: dai fumi di combustione di un forno, o di un motore a combustione interna, dagli scarichi di una turbina o di un cogeneratore, da vapore in uscita da un impianto di trattamento termico o di essicazione, ecc.

Nelle stesse realtà produttive, all’interno dell’intero processo, ma in un diverso punto della catena di produzione, vi potrebbe anche essere necessità di un sistema di raffreddamento, che anch’esso necessita di energia, ma in questo caso con segno negativo, cioè una richiesta di raffreddamento termico.
E’ in questo contesto che diventa particolarmente interessante l’utilizzo di un’apparecchiatura in grado di utilizzare i cascami termici di un processo per generare dell’energia frigorifera, senza aggravi di consumi energetici, recuperando vantaggiosamente il calore altrimenti disperso.

chiller assorbimento Robur TK

I cascami termici possono essere classificati in 3 diverse categorie: ad alta temperatura (maggiori di 650°C), a media temperatura (tra 650°C a 225°C) e a bassa temperatura (fino a 225°C).
I cascami a media ed alta temperatura sono la forma più ‘pregiata’ dei cascami in quanto possono essere sfruttati sia direttamente che per alimentare altre apparecchiature, come cogeneratori (per la produzione di energia elettrica e calore) e assorbitori (per la produzione di energia frigorifera). Il calore a bassa temperatura può invece essere utilizzato sottoforma di aria o acqua calda per il riscaldamento o il pre-riscaldo di altri processi produttivi che richiedono, appunto basse temperature.

La produzione del freddo con cascami termici a media-alta temperatura
Gli elementi base per la realizzazione di un impianto di produzione del freddo che utilizza cascami termici, si possono sintetizzare in:
– cascame ad una temperatura maggiore a 220°C e di portata adeguata.
scambiatore di calore, in grado di trasferire il calore dal cascame (ad esempio fumi di combustione di un forno) al fluido di scambio (olio diatermico o acqua pressurizzata).
– un circuito di distribuzione del fluido di scambio fino all’assorbitore.
– l’assorbitore a fiamma indiretta (Indirect Fired) per la produzione del freddo.

L’unica energia da aggiungere in questo processo è quella elettrica per il funzionamento degli organi ausiliari, tipicamente pompe di circolazione e ventilatori.

Le unità ad assorbimento Power Fluid Robur
La produzione del freddo con un assorbitore Power Fluid Robur è possibile grazie alle peculiari caratteristiche di questa unità, che utilizza al meglio il calore proveniente da un processo tecnologico. Il suo funzionamento interno è riassunto in questo schema.

chiller assorbimento Robur

Il ciclo termodinamico, che prevede l’utilizzo di una soluzione di acqua e ammoniaca racchiusa in un circuito totalmente ermetico (e non soggetto a ripristino, rabbocchi o sostituzione) è attivato dal calore del cascame, che riscalda il generatore per mezzo di una serpentina, nella quale circola olio diatermico o acqua calda pressurizzata.

La condensazione avviene in aria, quindi senza l’ausilio né la necessità di una torre evaporativa (evitando quindi la realizzazione del relativo circuito idraulico e dispositivi di controllo e regolazione).

refrigerazione recupero di calore

I vantaggi offerti da Power Fluid
In ogni realtà produttiva che prevede un cascame di calore sopra i 200°C e la necessità di energia frigorifera per il processo tecnologico: metallurgica, chimica, del vetro e del cemento, agro-alimentare, lattiero-casearia, l’utilizzo di unità Power Fluid potrebbe risultare molto vantaggioso in termini di risparmio energetico, offrendo la possibilità di ottimizzare la catena di produzione e l’efficienza dell’intero processo produttivo.

Queste unità hanno caratteristiche particolarmente vantaggiose per gli usi tecnologici, in quanto:
– sono semplici nella realizzazione dell’impianto, in quanto non utilizzano torri evaporative, non occupano altro spazio e sono installabili all’esterno.
– sono molto affidabili, in quanto il ciclo termodinamico di queste unità è praticamente statico (solo 2 parti in movimento compreso il ventilatore), caratteristica che consente una lunga durata di funzionamento senza pressoché alcuna perdita di efficienza.
– hanno un ampio campo di funzionamento, sia dell’aria esterna (condensazione), sia dell’acqua fredda in mandata, che può essere prodotta fino a -10°C.
– non richiedono pratiche o autorizzazioni o denunce per l’utilizzo del refrigerante, in quanto utilizza ammoniaca, refrigerante del tutto naturale (valori di ODP e GWP pari a zero).
– è conveniente economicamente, in particolare se viene utilizzata per molte ore/anno di funzionamento, in quanto tutta l’energia frigorifera prodotta è di fatto gratuita.

Verifica preliminare della fattibilità dell’impianto di recupero
Prima di procedere ad una valutazione dettagliata dalla soluzione, è opportuno preliminarmente verificare i seguenti punti:
disponibilità di cascame termico ad una temperatura superiore a 220-240°C. Questa condizione è vincolante per ottenere fluido intermedio di scambio per alimentare l’assorbitore ad una temperatura sufficiente ad innescare il ciclo termodinamico con efficienza.
– contemporaneità di disponibilità di calore di recupero e richiesta di energia frigorifera. L’energia frigorifera erogata dall’assorbitore è subordinata alla presenza di cascami termici utili ad alimentarlo. E’ sempre possibile stoccare l’energia frigorifera eventualmente in eccesso, ma questa condizione richiede un maggiore investimento nell’impianto del circuito frigorifero e quindi va valutata con attenzione.
– ore di funzionamento/potenza frigorifera richiesta per definire il tempo di rientro dell’investimento. Questo indice, come detto, tanto è più elevato, tanto minore sarà il tempo di rientro dell’investimento, in quanto tutta l’energia frigorifera prodotta in modo gratuito coprirà, nel tempo, i costi di investimento dell’impianto realizzato.

Raffreddamento adiabatico nella trafilatura dell’acciaio

Voglio portare oggi alla vostra attenzione un’interessante applicazione che stiamo sviluppando, per raffreddamento industriale nel processo di trafilatura dell’acciaio. Nello specifico, il processo richiede acqua di raffreddamento alla temperatura di 25-28° C.

Si tratta di un range di temperatura dell’acqua particolare, in quanto non abbastanza basso da giustificare l’impiego di un gruppo frigorifero. L’applicazione richiede infatti la dissipazione di diverse centinaia di kW termici, per cui ciò comporterebbe innanzitutto costi di prima installazione molto importanti per il chiller, quindi potenza elettrica assorbita molto elevata, in particolare nella stagione più calda. Di contro, la temperatura richiesta non è troppo bassa per poter essere soddisfatta con una torre evaporativa, soprattutto nella stagione calda, pur con un consumo energetico nella fattispecie molto basso. Inoltre, trattandosi di un raffreddamento diretto del prodotto, l’acqua trattata con anti-alghe, anti batterici e anti calcare della torre sarebbe incompatibile con il prodotto siderurgico stesso, e quindi inutilizzabile.

Davanti al dubbio sul tipo di macchina da utilizzare, l’ideale sarebbe quindi avere una macchina con acqua in circuito chiuso, ma dovremmo utilizzare una torre evaporativa combinata con uno scambiatore di calore, e a maggior ragione avremmo acqua a una temperatura che non rispetta le esigenze del processo di raffreddamento.

La soluzione trovata è stata impiegare dei raffreddatori a circuito chiuso, o dry cooler, di tipo adiabatico. Si tratta di dry cooler con potenziamento adiabatico, che durante la stagione estiva utilizzano un sistema di nebulizzazione di acqua nell’aria che viene aspirata nel cooler dai ventilatori, creando una sorta di effetto ‘torre evaporativa’. La temperatura di riferimento è quindi quella di bulbo umido, avendo un minimo di evaporazione di acqua, ovvero un minimo consumo di acqua, e solo nelle ore più calde della giornata e nelle stagioni più calde. Questo consente di avere l’acqua alla temperatura di 25-28° C richiesta dal processo, per l’intero arco dell’anno, anche in estate, e senza avere acqua in circuito aperto a contatto con l’aria esterna.

 

Il nostro sistema consente in particolare un consumo molto ridotto di acqua, limitato ai mesi più caldi, e non va a sporcare né intasare lo scambiatore alettato. Questi sistemi offrono quindi efficienza molto spinta, consentendo di fare dei raffreddamenti con acqua a circuito chiuso a temperature che sono intermedie tra quelle di una torre evaporativa e di un chiller.

Ovviamente il sistema è stato implementato, come nostra abitudine nella progettazione di questo genere di impianti, con sistemi di inverter sui ventilatori. Infatti durante la stagione invernale, così come in primavera e autunno, con l’aria ambiente alle nostre latitudini non è difficile ottenere acqua di raffreddamento a 25° C, per cui non ha alcun senso far girare i ventilatori alla massima velocità. L’impiego di inverter porta quindi notevole risparmio energetico.

Da una proiezione fatta con il cliente, il consumo di acqua è limitato a un paio di mesi all’anno, molto probabilmente solo nelle ore più calde. Il cliente lavora inoltre su tre turni, quindi durante la notte si ha un minore utilizzo di acqua, se non addirittura azzerato, andando probabilmente anche in parzializzazione sulla velocità dei ventilatori.

Abbiamo infine implementato anche un sistema di monitoraggio da remoto, per verificare l’effettivo consumo di acqua e di energia assorbita dai ventilatori, in vista di una futura ottimizzazione dei processi in cui il cliente prevede di investire ulteriormente. I dati così raccolti portano doppio beneficio, a noi per la fase di progettazione e proposta, e per il cliente, che può così avere piena trasparenza e consapevolezza delle sue esigenze sotto il profilo termico ed energetico. Potendo altresì fare una valutazione del bilancio energetico e quindi dei risparmi in kW che riusciamo a ottenere.

 

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Cosa rende efficace un piano di IT disaster recovery

Ospitiamo oggi con piacere un contributo dell’americana TRG Datacenters, o meglio Un-datacenter come l’azienda da quest’anno ha ripensato il proprio brand per sottolineare il proprio approccio innovativo e customer-centric alla gestione dei data center.
Il settore data center è molto presente nelle attività di Tempco, in particolare con gli scambiatori a immersione TCOIL nelle applicazioni di raffreddamento delle apparecchiature IT, pure cruciali per garantire la continuità operativa dell’infrastruttura di calcolo e storage dati.

Parliamo quindi di come avere un piano di IT distaster recovery efficace e sempre operativo, con pochi ma chiari suggerimenti di TRG Datacenters.

Un piano di IT disaster recovery è vitale per qualsiasi attività. Quando si parla di gravi problemi a livello IT, la lentezza nella risposta o una cattiva gestione possono velocemente rivelarsi catastrofiche. Si possono perdere dati, si può avere un danno di reputazione e causare grave malcontento nei clienti. Un efficace piano di IT disaster recovery può invece aiutare le aziende a limitare l’impatto di ogni sorta di problema, guidando i team aziendali a uscire dall’incresciosa situazione.

IT disaster recovery TRG datacenters

 

Procedure di test regolari e processi chiari
Innanzitutto, capita troppo spesso che le imprese abbiano piani di distaster recovery molto ben definiti, ma altrettanto spesso mai testati. E’ facile capire perché, se si pensa ai costi che un processo di test completo può comportare. Ma il testing è essenziale per garantire l’effettiva efficacia di qualsiasi piano di disaster recovery.

La strategia dovrebbe essere testata con regolarità, e nella sua interezza. Questo perché è molto verosimile che ogni singolo aspetto del piano di recovery possa andare diversamente da quanto immaginato sulla carta. La procedura di testing consentirà invece di appianare ogni possibile intoppo, e verificare ogni dettaglio della strategia. In questo modo sarà possibile eliminare ogni stressante sfida contro il tempo in caso si rendesse necessario applicare il piano per un’emergenza concreta.

 

Consapevolezza del fattore umano
E’ piuttosto imbarazzante il fatto che un incredibile 70% del totale fermi dell’IT non sia provocato da problemi all’infrastruttura, ma bensì il risultato di un errore umano.
Gli errori possono essere legati a molti fattori diversi, andando da una mancanza nella formazione a decisioni infelici del management. Non ci sono sistemi infallibili per proteggere i sistemi dall’errore umano, ma esistono tuttavia metodi per minimizzarne i rischi. TRG raccomanda che una preponderante maggioranza (almeno il 70%) di una strategia di disaster recovery sia incentrata sul fattore umano che alimenta il business aziendale. Investire tempo ed energie sull’aspetto umano della strategia consentirà di limitare fortemente i rischi associati.

 

Chiara definizione degli obiettivi
Occorre sapere esattamente in cosa consiste un ‘disaster’ per il proprio business aziendale, prima di poter creare la strategia di disaster recovery ideale. Si decida quindi cosa significhi disastro IT per la propria attività, e il conseguente recupero delle attività, oltre a come sia possibile misurare il successo della strategia.

Un punto di partenza può essere quello di valutare l’uptime operativo che il business aziendale richiede, e cosa di intende esattamente quando si dice che i sistemi stanno funzionando, e infine cosa i team chiamerebbero un successo in termini di un ritorno alla continuità operativa.

 

Gestione giornaliera delle responsabilità operative
La pianificazione di una strategia di disaster recovery non dovrebbe essere qualcosa che viene fatto una volta e presto dimenticato. Affinché la strategia sia veramente efficace, questa va messa in discussione e aggiornata con regolarità.

Una buona idea è quindi integrare il disaster recovery nella gestione giornaliera delle responsabilità operative, assicurandosi che ogni membro del gruppo di lavoro sia coinvolto in ciò che la strategia comporta, e consapevole di come metterla in pratica. Strategie di disaster recovery devono diventare parte integrante delle attività per i team IT, per dispiegare a pieno tutto il loro potenziale.

 

Infine, in sintesi, sono poche le cose che contano per importanza quanto un piano di disaster recovery, in particolare se si considera l’impatto che strategie e procedure inadeguate possono avere sull’organizzazione. Bisogna dedicare del tempo per assicurare che i sistemi siano protetti da un’ampia varietà di rischi possibili. Occorre per questo pensare con attenzione a cosa significa per la propria attività un disaster planning, per essere quindi in grado di prevenire in maniera veramente efficace gli enormi danni portati da una pianificazione insufficiente.

 

 

Tempco, test allargati di risparmio energetico

Restiamo sul tema ambientale, vorrei oggi parlare di qualcosa di nuovo e diverso, non propriamente incentrato su scambiatori di calore, torri evaporative e centraline di termoregolazione.
O meglio, parlare anche di questi, ma in maniera differente. Tutto il mondo industriale si sta spingendo fortemente alla ricerca di nuove soluzioni e tecnologie per aumentare il risparmio energetico degli impianti industriali. La prima richiesta che in Tempco ci viene fatta, ogni volta che partiamo nella valutazione di un sistema di regolazione della temperatura in un processo industriale, è quali livelli di risparmio energetico si possono raggiungere e dove è possibile introdurre e ottenere risparmio di energia nel gestire la temperatura lungo il processo.

Esempi sono l’implementazione di inverter sui motori dei ventilatori, per risparmiare energia quando il processo richiede una minore potenza di ventilazione, ad esempio sui dry cooler, sulle torri di raffreddamento o nei free cooler. Ancora, tristori sulle resistenze di riscaldamento, in centraline di termoregolazione con sezione di riscaldamento elettrica per modulare la potenza richiesta, fornendo solo la precisa potenza in kilowatt che serve in un dato momento. Ancora, inverter sulle pompe di circolazione, come è il caso di un intervento davvero molto interessante che stiamo sviluppando per una società metallurgica nella provincia nord di Milano, dove implementeremo un sistema di risparmio ed efficientamento energetico sulle pompe di un impianto di raffreddamento.

Ancora più interessante sarebbe però ampliare tutto questo trovando il modo di applicare queste soluzioni anche in ambiti civili, e quindi più alla portata di tutti, e non solo nell’industria. Ecco allora che proprio in questi giorni ho avuto dei contatti con alcune società, e una in particolare, che sta spingendo moltissimo la ricerca in risparmio energetico in applicazioni non industriali, e quindi che esulano dal nostro abituale campo, andando verso il mondo civile, quindi legate a condizionamento, pompe di calore e pompe di calore geotermiche. Questo mi ha davvero molto stimolato, tanto più che si tratta di applicazioni che richiamano qualcosa che in Tempco abbiamo già fatto, con ad esempio l’impiego di scambiatori a immersione TCOIL per recuperare calore ed energia dall’acqua di mare per alimentare pompe di calore, quindi fornire l’acqua di condensazione delle pompe di calore. Una simile applicazione è stata fatta sul Lago di Como, e un’altra a Ispra su pompe di calore sfruttando l’acqua del canale di una turbina.

Ebbene, questa società ci ha chiesto di fare delle prove e dei test per dei recuperi energetici con i nostri scambiatori TCOIL utilizzando i cascami di calore che provengono da acqua calda di scarichi e di servizio. Un’applicazione che merita sicuramente di essere studiata e approfondita. La difficoltà sta qui certamente nei costi, che vengono ad essere anche piuttosto elevati e con ROI piuttosto lunghi. Credo però valga sicuramente la pena investire qualcosa in più, con un ritorno non a breve termine e quindi con un Pay back non propriamente come quello atteso per i piani di rientro degli investimenti industriali, sempre molto brevi.

Sono quindi certo che valga la pena studiare cosa può essere fatto anche in questi nuovi ambiti, e per questo abbiamo dato la nostra piena disponibilità a fare delle prove e dei test, e mi auguro presto ci si possa vedere con questa società – al momento è piuttosto difficile con l’emergenza sanitaria che stiamo tutti affrontando -, perché si possa mettere alla prova questi sistemi, collaborando per contribuire nel nostro piccolo alla salute del nostro pianeta.

Questo unitamente alle iniziative e alle tecnologie che già adottiamo in Tempco, l’impiego di energie rinnovabili e la dematerializzazione di cui abbiamo parlato già. E su questi temi mi piacerebbe molto leggere i vostri commenti a riguardo, sapere cosa ne pensate, magari anche organizzare un webinar o una Skype call, per scambiare idee e best practice, individuando insieme quali sono i nuovi trend nel risparmio energetico per i prossimi anni.

Politica ambientale e sicurezza in Tempco

Non ne parliamo spesso, ma in Tempco diamo da sempre grande peso alla politica ambientale e di sicurezza, operando in linea con le direttive italiane che regolano tali ambiti.
Prima di tutto viene infatti la sicurezza dei nostri collaboratori, non solo in questo momento di emergenza sanitaria dovuta al covid-19. Fin da subito ci siamo infatti allineati alle normative relative al DVR (Documento valutazione rischi, D.lgs. 81/2008 e successiva integrazione D. Lgs 106/2009) in materia di salute e sicurezza delle nostre persone.

Quanto mai importante e cruciale nel momento che stiamo vivendo, il documento reca anche una parte che concerne il rischio di esposizione ad agenti biologici, che è stato opportunamente aggiornato alle specifiche misure adottate per proteggere i nostri collaboratori dal rischio biologico da coronavirus.

Massima attenzione viene poi naturalmente posta anche a garantire la sicurezza dei dati dei nostri clienti, fornitori e collaboratori. Siamo quindi allineati con le regolarità contributive.

Tempco ambiente sicurezza

 

In materia ambientale, da sempre adottiamo in Tempco strumenti e tecnologie a tutela dell’ambiente, rigorosamente aggiornati alle normative vigenti.
Fin dal progetto del nuovo building dove hanno sede le attività di Tempco abbiamo perseguito l’obiettivo di minimizzare al massimo il nostro ‘carbon footprint’. Già a inizio del 2011 è stato installato e attivato un impianto fotovoltaico, per operare utilizzando solamente energie rinnovabili. La scelta di energia suppletiva a completamento del nostro fabbisogno è stata quindi fatta su un fornitore, Duferco, in grado di garantirci la provenienza al 100% da fonti rinnovabili dell’energia fornita.
Il nostro fornitore è inoltre anche un cliente Tempco, per cui la selezione è stata anche fatta per operare scelte a basso impatto ambientale, se non a ‘km 0’.

Tempco energie rinnovabili

 

Infine, massima cura e attenzione la poniamo nella tutela delle risorse e nel riciclo dei materiali. La selezione dei nostri subfornitori segue criteri basati non solo sulla qualità dei componenti, ma anche sulla provenienza dei materiali e sull’etica delle loro politiche produttive.
Per i materiali da imballaggio, Tempco ha quindi attuato una campagna annuale di riciclo dei legnami/cartoni/plastiche di tipo fattivo. Ogni mese forniamo casse esauste a società che le riutilizzano in ambito espositivo e/o agricolo.

Tra gli altri, ci piace infine ricordare l’esempio della Fattoria Besana, che sfrutta la carta proveniente dalla dematerializzazione dei nostri archivi storici per il benessere dei loro cavalli.

 

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Viscosità oli idraulici nel dimensionamento degli scambiatori

Gli scambiatori di calore a piastre, ma può anche trattarsi di scambiatori a fascio tubiero, vengono largamente impiegati per il raffreddamento dell’olio idraulico in centrali idrauliche e impianti oleodinamici. Qui, la viscosità dell’olio idraulico è uno dei fattori più importanti da valutare nel dimensionamento degli scambiatori di calore. La viscosità di un olio motore viene espressa solitamente in gradi SAE, mentre gli oli idraulici hanno una classificazione ISO-VG, che indica appunto il grado di viscosità dell’olio.

A gradi elevati di viscosità dell’olio corrisponderanno in proporzione perdite di carico più elevate nello scambiatore, che vanno quindi tenute presenti durante la progettazione dello scambiatore, onde evitare problemi con la pompa che assicura la circolazione dell’olio all’interno dello scambiatore.

Naturalmente, quando si lavora con oli con alto grado di viscosità, ad esempio ISO-VG 320 o ISO-VG 220, e si tratta tipicamente di oli per lubrificazione, si utilizzeranno pompe a ingranaggi, quindi con pressioni elevate, che consentono di sopportare maggiori valori di perdite di carico nello scambiatore, anche fino a 1,5 o 2,5 bar.

 

Quando invece si utilizzano oli più fluidi, tipicamente in centrali idrauliche di azionamento, ad esempio ISO-VG 46 o ISO-VG 68, le perdite di carico possono anche essere più basse, nella misura di 1 o 0,5 bar, in quanto l’olio è meno viscoso e quindi più scorrevole con in conseguenza perdite di carico inferiori all’interno dello scambiatore.

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Covid-19, anche uno scambiatore fa la differenza

L’attuale situazione di emergenza sanitaria da Covid-19 richiede uno sforzo collettivo che coinvolge le imprese direttamente impegnate nella produzione di dispositivi di protezione individuale e mascherine, respiratori e dispositivi medicali per i reparti di terapia intensiva, prodotti farmaceutici e di tutti i servizi a supporto del settore sanitario.

Tanti sono infatti gli esempi di corsa solidale delle imprese italiane, che in questi giorni mettono l’ingegno, la flessibilità e la capacità di innovazione che le caratterizza per aiutare gli ospedali italiani messi allo stremo dall’emergenza coronavirus.

coronavirus pharma covid-19

Le recenti riconversioni industriali o la prontezza e creatività imprenditoriali hanno fornito validi esempi di eccellenza. Da Tenaris di Dalmine che in tempi record ha realizzato un lotto di bombole di ossigeno Siad, fino a Ferrari ed FCA che insieme a Magneti Marelli sono pronte alla riconversione delle loro linee produttive per aumentare la disponibilità di macchine per la ventilazione, a supporto delle attività di Siare Engineering, primo fornitore italiano di questi apparecchi essenziali in terapia intensiva. Ancora, il Gruppo Armani ha annunciato la conversione immediata dei propri stabilimenti di moda per la produzione di camici monouso per tutti gli ospedali e gli operatori sanitari in prima linea nella lotta al coronavirus.

Un altro bellissimo esempio è il caso della startup Isinnova, che ha modellato in urgenza delle valvole Venturi in additivo con stampa 3D, per connettere i respiratori alle maschere d’ossigeno per l’ospedale di Chiari, a Brescia. La stessa azienda ha poi anche riadattato una maschera da snorkeling del marchio Decathlon trasformandola in maschera respiratoria per la terapia sub-intensiva, grazie a uno speciale raccordo brevettato ad hoc.

Tempco progetta e realizza impianti per industrie che spesso sono direttamente coinvolte nella produzione di materiali e prodotti chimici, medicali e farmaceutici. Il momento di urgenza ha messo gli impianti in regime di massimo carico, e la disponibilità delle apparecchiature diviene in questo momento ancora più strategica rispetto ai tempi di normale richiesta del mercato. L’efficienza viene garantita anche da maggiori controlli su tutti i processi e in particolare sugli scambiatori di calore, al centro dei processi di controllo dell’energia termica.

Tempco scambiatore API covid-19

 

Nelle immagini che corredano questo post si vede uno scambiatore a piastre con evidenti segni di usura e corrosione dopo anni di servizio, attrezzature incrostate e guarnizioni danneggiate. Non si tratta di uno scambiatore di calore qualsiasi: quello nelle foto è infatti uno scambiatore di calore a piastre installato da un nostro cliente nella produzione di principi attivi in ambito farmaceutico. In particolare, l’azienda impiega lo scambiatore di calore in una linea di produzione di un API, ovvero un principio attivo (active pharmaceutical ingredient), che viene impiegato per la cura del Covid-19.
La settimana scorsa questo cliente ci ha contattati in condizioni di estrema urgenza, chiedendo il nostro intervento per la sostituzione del pacco piastre o la fornitura di un nuovo scambiatore equivalente, tutto purché nel minore tempo possibile.

scambiatore di calore API covid-19

Il cliente è una delle numerose aziende, coinvolte a vario titolo nella filiera medicale, ma non solo, che in questo periodo sta dedicando le proprie forze al contrasto del coronavirus in Italia.

Compresa la delicata situazione di estrema urgenza del cliente, che necessitava dello scambiatore riparato, pronto e consegnato al più presto, ne è seguito un giorno di lavoro intenso in Tempco, dopo aver recuperato il materiale necessario alla riparazione dello scambiatore in giro per l’Italia, con uno sforzo notevole a livello logistico.

Lo scambiatore è stato pronto per la consegna lo scorso venerdì mattina.

scambiatori a piastre pharma covid-19

 

Siamo stati felici di aver potuto fare anche noi la nostra parte, e questo mostra come nessuno è escluso da questa catena di solidarietà e che l’economia si fonda su una collaborazione stretta tra tutte le imprese, grandi e piccole, e i professionisti.

A tutte le realtà che in questo momento stanno lavorando per dare il loro contributo nell’emergenza sanitaria, sempre assicurando ai propri dipendenti le condizioni per lavorare in piena sicurezza, vanno un grazie e un grande applauso, perché unite le nostre imprese possono e stanno davvero facendo la differenza.

 

Tempco scambiatori calore API covid19

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Come installare correttamente gli scambiatori multi passaggio

Parliamo oggi di scambiatori mono passaggio e multi passaggio. A differenza delle immagini di scambiatori a piastre che siamo soliti vedere, con i tradizionali quattro attacchi sulla sola parte frontale dello scambiatore, esiste anche una tipologia di scambiatori dotati di attacchi su due lati, fronte e retro. Questi scambiatori multi pass hanno solitamente al loro interno uno schema particolare delle piastre, con controllo del flusso multi passaggio.

Scambiatori multi passaggio vengono impiegati quando occorrono salti termici molto lunghi e incroci di temperatura molto spinti, solitamente in applicazioni di recupero di energia.
Si tratta di una sorta di ‘trucchetto’, che consente di allungare le piastre per ottenere una lunghezza molto superiore, di fatto il doppio rispetto all’altezza dello scambiatore. In questo modo è possibile spingere il recupero, ovvero l’incrocio delle temperature, a dei limiti molto elevati.

Di contro, l’espediente porta con sé qualche inconveniente, ad esempio un inevitabile aumento delle perdite di carico. E’ però altresì vero che queste possono essere controllate in fase di progettazione, inserendole nel software per compensare le perdite di carico aumentando il numero di piastre, ossia in parallelo dei canali.

 

 

Un’altra conseguenza dell’installazione di scambiatori multi passaggio è il fatto di ritrovarsi con attacchi fronte e retro sullo scambiatore. La cosa può comportare degli inconvenienti in quanto complica le operazioni di manutenzione dello scambiatore, avendo valvole e tubi montati direttamente anche sulla parte posteriore, che non può quindi essere rimossa per accedere al pacco piastre per smontarlo, lavare le piastre, sostituire le guarnizioni e quant’altro.
Anche qui è però possibile bypassare il problema, montando delle curve a 90° e portando le valvole fuori dalla sagoma dello scambiatore. In questo modo quando si andrà a fare manutenzione sarà sufficiente intercettare le valvole, smontare le curve e accedere agilmente al fusto posteriore.

Infine, un’ultima implicazione è che su scambiatori multi passo non è possibile fare ampliamenti se non spostando la posizioni dei tubi.

 

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Termoregolazione atex per resine e prodotti chimici

Queste foto mostrano delle centraline ATEX di termoregolazione di reattori che vengono impiegati per la preparazione di resine e prodotti chimici. La particolare applicazione sviluppata ha dato massima soddisfazione al cliente, un’industria del settore chimico che produce adesivi speciali che trovano soprattutto impiego in imballaggio alimentare e nell’industria automotive.

Tempco termoregolazione Atex chimica

 

Il cliente impiegava in precedenza una soluzione di iniezione diretta di vapore in camicia e acqua fredda. Il passaggio alla nostra soluzione di termoregolazione e l’implementazione delle nostre centraline ha dato ottimi risultati, tanto che il cliente ha presentato la best practice del case study con le nostre centraline sia al gruppo di appartenenza negli USA che alle consociate europee.

Termoregolazione skid Atex

Tempco termoregolazione resine

Tempco centraline Atex chimica

 

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