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Vantaggi e caratteristiche della termoregolazione monofluido

La termoregolazione monofluido è una soluzione che offre notevoli vantaggi in applicazioni per l’industria farmaceutica e chimica. Qui la termoregolazione viene fatta per controllare la temperatura di maccchine di produzione, come reattori, pressofiltri, miscelatori, mescolatori. In tutti questi apparecchi occorre mantenere temperature con rampe di salita e di discesa, dunque con un range di lavorazione del prodotto che va da temperature alte a basse e viceversa.

Prendiamo il caso tipico di un reattore per produzione di un principio attivo farmaceutico. Partendo dalla temperatura ambiente, il prodotto va riscaldato e quindi mantenuto a una certa temperatura. Sarà poi necessario a un certo punto raffreddarlo, e poi magari nuovamente riscaldato e così via.

In genere vengono usati reattori incamiciati con semitubo o con camicia di scambio termico. Un fluido caldo o freddo viene fatto circolare all’interno della camicia, a seconda del livello di temperatura richiesto per il prodotto all’interno del reattore.

In passato, ma ancora oggi, a seconda del ciclo termico si faceva passare un fluido caldo all’interno della camicia per riscaldare, vapore o olio diatermico ad esempio. Quando poi si doveva raffreddare, si scaricava completamente il vapore e la condensa per poi far passare nella stessa camicia acqua refrigerata o acqua con antigelo. Tutte queste operazioni di riempimento e svuotamento richiedono naturalmente tempo, e possono rallentare la produttività. Inoltre, questa soluzione offre un controllo della temperatura solo relativamente preciso e accurato.

Negli anni si è quindi sviluppata la tecnologia monofluido. Questa impiega in pratica gli stessi fluidi come utility – vapore, olio diatermico, acqua calda, acqua refrigerata e acqua con antigelo -, che lavorano però su una batteria di scambiatori. All’interno degli scambiatori circola un unico fluido in grado di sopportare il range di temperatura richiesto dall’intero processo di termoregolazione.

Questo fluido viene quindi fatto circolare all’interno della camicia del reattore. I vantaggi sono evidenti: eliminazione dei tempi morti, dovuti alle operazioni di svuotamento e caricamento dei diversi fluidi, e soprattutto si evita il rischio di miscelazione dei fluidi in caso di errori in queste operazioni. Ovvero, avere acqua glicolata che finisce nella caldaia, o condensa che entra nel chiller, diluendo l’acqua con antigelo esponendo al rischio di congelamento.

Notevoli sono i vantaggi, cui chiaramente si accompagna qualche svantaggio. Si perde infatti qualcosa in termini di scambio termico, in quanto servono utilities a temperatura un poco più alta o più bassa del fluido che scorre nella camicia. Dal punto di vista operativo i vantaggi sono però tali da farne una soluzione largamente adottata. Infine, non c’è paragone sotto il profilo del controllo della temperatura che si riesce a ottenere: si può agire con valvole modulanti o con un sistema di valvole bypass o di regolazione che consente di avere un livello di controllo della temperatura estremamente fine.

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Fouling factor negli scambiatori e nanocoating

Repetita iuvant, dicevano i latini, ed è il caso del fattore di sporcamento delle superfici di scambio termico negli scambiatori di calore, di cui ogni tanto torniamo a parlare. Il cosiddetto fouling factor è un fattore cruciale nella progettazione di un sistema di raffreddamento o riscaldamento che impiega scambiatori di calore, definito come la resistenza teorica allo scambio termico generata dall’accumulo di depositi sulle superfici di trasferimento. Per determinare il fouling factor è necessario valutare il tipo di applicazione, le temperature di processo coinvolte e, naturalmente, il tipo di fluidi che passano nello scambiatore.

Tempco sporcamento scambiatori

E’ possibile distinguere sostanzialmente quattro meccanismi di sporcamento, di tipo chimico, biologico, da deposizione e da corrosione.

Fouling chimico
Qui rientrano quei fenomeni di deposizione di sostanze che si generano per reazione chimica nei fluidi di processo al raggiungimento di determinate temperature. Esempio possono essere la cristallizzazione di sali e carbonati, che precipitano a temperature di circa 55° C depositandosi sulle piastre o sulle tubazioni degli scambiatori. Un altro esempio può essere quello dell’industria casearia, dove a certe temperature le proteine del latte bruciano formando una pellicola sulle superfici di scambio termico.

Fouling biologico
All’interno dei fluidi è possibile che si formino dei microorganismi, alghe, funghi e batteri, che attaccandosi alle pareti di scambio non solo limitano il trasferimento termico, ma favoriscono effetti di corrosione dei materiali. La selezione di materiali ostili al proliferare di questi micro organismi è qui una possibile soluzione.

Fouling da deposizione
Capita spesso nel raffreddamento o riscaldamento di processi produttivi di dover lavorare con fluidi contenenti particelle in sospensione. Se non vengono presi alcuni accorgimenti di progetto, come sezioni aumentate dei canali di passaggio, l’installazione in verticale degli scambiatori (la forza di gravità contribuisce in questo caso a far defluire le particelle dallo scambiatore) o l’assicurare determinate velocità di flusso, queste particelle si depositano e si accumulano sulle superfici di scambio, abbassando l’efficienza termica.

Fouling da corrosione
Una non adeguata scelta dei materiali delle piastre può portare nel tempo a effetti di corrosione, con la formazione e la deposizione di strati di ossido sulle superfici di scambio, che hanno un effetto isolante che limita il trasferimento termico.

Tempco corrosione piastre scambiatori

In molti casi, interventi di pulizia chimica o meccanica sono risolutivi, provvedendo per tempo alla rimozione dei sedimenti che altrimenti a lungo andare possono ostruire completamente lo scambiatore e bucare le superfici di scambio.
E’ però anche possibile prevenire lo sporcamento, prestando particolare attenzione a:

  • Scelta dello scambiatore più adatto al tipo di applicazione
  • Corretta selezione del design e dei materiali di costruzione
  • Adozione di dolcificatori o filtri per mitigare le condizioni chimico/fisiche dei fluidi
  • Studio della corrugazione delle piastre per garantire una adeguata turbolenza dei fluidi

Infine, a corollario sono interessanti i nuovi nano-rivestimenti nell’applicazione delle nanotecnologie agli scambiatori di calore per impianti HVAC e di refrigerazione. Si tratta di nanocoating allo studio ad esempio presso l’Istituto Leibniz per i nuovi materiali di Saarbrücken, dotati di proprietà antimicrobiche, antiadesive e anticorrosive, che inibisco la formazione di depositi sulle superfici di scambio termico trattate, riducendo di conseguenza anche sforzi e costi relativi alla pulizia e alla manutenzione periodica degli scambiatori.

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Come prevenire la cavitazione nelle pompe centrifughe

Cavitazione e pompe centrifughe, un binomio assolutamente da evitare in quanto estremamente pericoloso. La cavitazione è quel fenomeno per cui all’interno di un fluido si formano delle bolle di vapore, che implodono immediatamente provocando un rumore caratteristico nel macchinario e danneggiando irreparabilmente le parti di un sistema idraulico, delle giranti della pompa e della pompa stessa. E’ un fenomeno che si può riscontrare tipicamente nelle eliche delle navi come nelle pompe centrifughe, appunto. Vediamo allora cosa fare per evitare la cavitazione nelle pompe centrifughe.

Le pompe centrifughe hanno curve caratteristiche di funzionamento che devono essere rispettate per garantirne il corretto uso. Le più classiche sono la curva di prevalenza della pompa, così come quella NPSH – Net positive suction head, ossia relativa all’altezza di aspirazione massima della pompa. Parliamo qui di pompe che hanno un NPSH, dunque non pompe autoadescanti, che aspirano in autonomia l’acqua. Le pompe con NPSH devono essere riempite di acqua e avere un’altezza di aspirazione dell’acqua che non superi quella del valore della curva NPSH indicato.

Costringendo una pompa a lavorare a un valore di aspirazione inferiore, avremo sicuramente cavitazione. Nella cavitazione, ad esempio sulle pale dell’elica di una nave, bolle d’aria si formano ai profili della pala, riducendo la resa e implodendo. Lo stesso avviene sui profili di attacco delle giranti. Bolle di vapore si creano in quanto viene superata la tensione di vapore, ovvero si scende a una pressione talmente bassa per cui il liquido comincia a evaporare. Facciamo qui appello alla fisica: l’acqua a pressione atmosferica inizia a bollire a 100°C. Mettendo l’acqua in un contenitore sotto vuoto, la temperatura di ebollizione scende moltissimo.

Quando pertanto creiamo una carenza di pressione elevata nelle vicinanze della girante della pompa, avremo una vaporizzazione del fluido. L’acqua che evapora provoca delle micro-implosioni che danneggiano la girante in maniera irreparabile.

 

 

Oltre che da un errato valore di NPSH, il fenomeno può essere indotto anche da una errata installazione della pompa: ad esempio collettori di aspirazione dimensionati in modo errato, o con asperità e spigoli vivi. Mettendo per esempio sull’aspirazione di una pompa una tubazione a gomito o un profilo a T, creeremo degli spigoli che possono generare zone di bassa pressione che causano formazione di vapore. Il vapore si distribuisce sulla girante, accentuando la depressione nella zona di aspirazione della pompa, distruggendo la girante per effetto di cavitazione.

Nell’installazione di una pompa centrifuga è quindi fondamentale rispettare la curva di NPSH della pompa, rispettare l’altezza di aspirazione della pompa o mettere la pompa sotto battente, ovvero creare una pressione positiva sull’aspirazione della pompa. Al contempo, occorre infine assicurarsi della corretta progettazione dei collettori di aspirazione, ponendo molta attenzione nel dimensionamento delle valvole di fondo, valvole di ritegno, valvole in aspirazione.

 

 

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Come combinare efficienza e bassa rumorosità nelle torri di raffreddamento

Oggi parliamo di rumore ed efficienza, con riferimento alle torri di raffreddamento. E’ un argomento che abbiamo già affrontato in passato, in quanto le torri evaporative a fronte di un’ottima efficienza di raffreddamento implicano emissioni sonore legate agli organi in movimento dei ventilatori che possono essere anche piuttosto elevate.

Di sicuro le emissioni sonore sono diventate un problema nel caso portato alla nostra attenzione da un’azienda polacca con cui collaboriamo, Wentylatory Wentech, relativo a una grande compagnia di distribuzione di gas naturale in Polonia. L’azienda del settore energy nel 2015 si è trovata davanti al pericolo di una class action da parte degli abitanti dei centri residenziali e ricreativi costruiti negli spazi adiacenti gli impianti, resi con gli anni edificabili.

Tempco ventilatori Wentech torri evaporative

Il problema principale per la compagnia era quindi adottare soluzioni che permettessero una netta riduzione dei livelli di rumore, garantendo però gli stessi flussi di aria necessari a mantenere le performance dell’esteso sistema di ventilatori installati nelle torri di raffreddamento.

ventilatori torri raffreddamento
L’azienda ha quindi potuto abbattere le emissioni rumorose delle torri di raffreddamento grazie alla soluzione proposta da Wentylatory Wentech. Il fornitore ha innanzitutto proceduto con una serie di rilevazioni in diversi punti dell’impianto e nelle immediate adiacenze alle aree residenziali. La soluzione al problema è stata quindi ottenuta con l’adozione di modelli di ventilatori con giranti da 14”, che uniscono la minore rumorosità possibile sul mercato a livelli estremamente elevati di efficienza.

Tempco ventilatori Wentech bassa rumorosità cooling towers

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Come avviare correttamente una pompa centrifuga

Parliamo ancora di pompe centrifughe, in particolare di come effettuare il corretto avviamento di una pompa per garantirne poi il giusto funzionamento. Si tratta di un’operazione che facciamo normalmente all’avvio delle nostre centraline di termoregolazione.

Per un avvio corretto di una pompa occorre innanzitutto procedere a riempire tutto l’impianto con il fluido di lavoro, raggiungendo il livello minimo o appena al di sopra, oppure alla pressione indicata nel manuale tecnico. Passo successivo è dare un piccolo impulso per verificare il corretto senso di rotazione della pompa stessa. La verifica è importante perché se la pompa ruota in senso inverso si va a danneggiarne la tenuta meccanica. Se la pompa ruota in senso contrario, sarà sufficiente invertire uno dei tre fili di alimentazione (parliamo naturalmente di motori trifase).

Si procede quindi all’avvio della pompa, e per questo strozziamo la saracinesca posta in mandata sulla pompa. Avviamo quindi la pompa e controlliamo il manometro posto sulla mandata. Il manometro deve indicare una pressione stabile. All’avvio di un impianto si ha però solitamente la presenza di bolle d’aria, per cui la lettura sarà piuttosto ballerina in questa fase.

Si va allora ad aprire leggermente la saracinesca in mandata, si ferma la pompa e si procede allo sfiato dell’impianto dai vent posti sulle tubazioni. Si fa quindi ripartire la pompa. L’operazione andrà ripetuta fino a quando la lettura sarà stabile.

 

A questo punto occorre mettere in curva la pompa. Per fare questo leggiamo sul manuale la pressione di lavoro indicata, e misuriamo gli ampere assorbiti dalla pompa. Si deve in pratica controllare che aprendo la saracinesca in mandata si generino perdite di carico tali da mantenere la pompa comunque in assorbimento. Se si dovesse infatti uscire dai parametri di assorbimento del motore, questo verrebbe danneggiato.

Queste operazioni sono semplici in impianti ad acqua, mentre sono un poco più complesse in circuiti a olio idraulico o olio diatermico. In ragione della sua maggiore viscosità, infatti, l’olio impiegherà più tempo a riempire tutti gli interstizi del circuito e le tubazioni. Pertanto è probabile che si continuerà ad avere bolle d’aria per alcune ore. L’operazione dovrà pertanto essere ripetuta più volte fino a quando il valore della pressione sulla mandata della pompa sarà stabile.

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Efficienza e rinnovabili nel data center subacqueo di Microsoft

Arriva da Microsoft una conferma forte dei vantaggi del raffreddamento di data center sfruttando le temperature basse e costanti delle profondità marine per dissipare il calore prodotto dai server. A dimostrarlo è il progetto Natick del data center subacqueo di Microsoft, che dopo due anni di funzionamento a una profondità di 35 metri nel Mare del Nord è stato appena riportato in superficie. Sorpresa, il data center subacqueo presenta una percentuale di server danneggiati otto volte inferiore rispetto a quella di un identico data center installato sulla terraferma, con quindi un tasso di affidabilità otto volte più alto.

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Un altro esempio in grande stile delle potenzialità di risparmio energetico e di efficienza nel raffreddamento di apparecchiature che è possibile realizzare utilizzando bacini d’acqua, non solo nel raffreddamento di data center ma ad esempio anche per pompe di calore, come nelle applicazioni con scambiatori a immersione TCOIL sviluppate da Tempco per la Marina di Loano e sul Lago di Como.

Microsoft datacenter subacqueo

Alla base del progetto Natick di Microsoft sta l’idea di porre i data center in un ambiente stabile a livello di temperature, senza fluttuazioni tra notte e giorno dannose per i componenti elettronici, sfruttando quindi l’acqua del mare del Nord per raffreddare i server con grande risparmio energetico. Il data center è stato inoltre completamente alimentato a energia eolica e solare. La struttura è stata quindi riempita di solo azoto, privata di ossigeno e umidità che sono causa di corrosione alle apparecchiature. Un ambiente ostico all’uomo e agli operatori, ma molto più favorevole ai componenti elettronici.

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Molto importanti sono quindi i vantaggi ottenuti in termini di maggiore affidabilità e disponibilità con ridotto consumo energetico per il raffreddamento, minori rischi di danni dovuti a urti e movimenti di persone e soprattutto una migliore sostenibilità delle infrastrutture dei data center con utilizzo di sole energie rinnovabili. Un importantissimo passo avanti verso la realizzazione di data center sostenibili, la cui domanda continuerà ad aumentare con la crescita del cloud e della AI nel mondo.

 

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Pompe centrifughe, tipologie e vantaggi

Abbiamo già avuto modo di parlare di pompe centrifughe, e dato l’interesse suscitato vorrei approfondire un po’ l’argomento. Le pompe sono macchine operatrici che servono a spostare fluidi, che siano acqua, olio o altro, con una certa portata e una certa prevalenza, ossia pressione, per poterli portare a una certa altezza.

Partiamo dicendo innanzitutto che esistono diverse tipologie di pompe, che possiamo suddividere in due grandi famiglie, le pompe centrifughe, di tipo dinamico, e le pompe volumetriche.

Come si può intuire dal nome, le pompe volumetriche sono impiegate per spostare grandi quantità, grandi volumi di fluidi. Le pompe centrifughe lavorano invece con un concetto diverso, sfruttando la forza centrifuga per spostare un fluido.

A loro volta le pompe centrifughe si suddividono in pompe centrifughe classiche e pompe centrifughe periferiche. Entrambe sfruttano la forza centrifuga per movimentare fluidi, ma le pompe centrifughe periferiche impiegano delle giranti di tipo aperto che consentono di ottenere delle prevalenze piuttosto elevate impiegando motori dalla potenza ridotta.

Sono pertanto pompe che troviamo su applicazioni che non richiedono grandissime portate. Laddove le portate richieste aumentano si impone pertanto il ricorso a pompe centrifughe classiche. Per portate piccole invece una pompa periferica può essere un’ottima soluzione per ottenere dei valori di pressione elevati, svolgendo il tipo di applicazione con motori di piccola potenza e quindi in maniera abbastanza economica.

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Novità prodotto, scambiatore saldobrasato 3-in-1 per essiccatori d’aria

Presentiamo oggi un nuovo prodotto che amplia la famiglia di soluzioni Tempco, uno scambiatore di calore saldobrasato 3-in-1 che unisce le funzioni di un evaporatore, di un separatore e di un pre-raffreddatore/riscaldatore. Lo scambiatore saldobrasato T PLATE B – TCB3000A è la soluzione ideale per essiccatori d’aria su larghi volumi, compressori e refrigeratori, progettato per applicazioni con portate di aria fino a 50 m3/min e pressioni di lavoro fino a 10 bar.

Lo scambiatore TCB3000A unisce molteplici brevetti ed è realizzato con piastre chevron in acciaio inossidabile e lamina di rame a elevata purezza, che consentono di ottenere notevole compattezza riducendo le dimensioni del 50% rispetto a soluzioni analoghe. La soluzione offre alta efficienza di scambio termico ed elevata resistenza alla corrosione.

Tempco TCB3000 A scambiatore 3 in 1

 

Il design brevettato dello scambiatore TCB3000A unisce in una sola macchina un pre-cooler dell’aria, un separatore di condensa e un evaporatore, con ridotte perdite di carico e basso punto di rugiada.

Nel circuito di funzionamento dello scambiatore Serie A, il compressore comprime aria calda e umida all’interno del pre-cooler dello scambiatore 3-in-1, dove avviene lo scambio di calore con l’aria fredda trattata. L’aria umida raffreddata entra quindi nell’evaporatore, dove si raffredda ed elimina l’acqua per evaporazione. L’aria passa quindi nel separatore ad alta efficienza, che provvede alla separazione della condensa grazie alla forza centrifuga e alla gravità. L’esclusivo design senza mesh del separatore elimina problemi di formazione di ghiaccio o di intasamenti da olio, senza ricorso a filtri e allungando la vita utile. Infine, l’aria fredda e secca torna al pre-heater per essere riscaldata alla temperatura di lavoro.

 

Scambiatore 3 in 1 essiccatori aria

 

L’esclusivo funzionamento 3-in-1 consente di impiegare direttamente l’aria esterna, garantendo un significativo risparmio energetico. La soluzione è infine immune da intasamento e facile da mantenere, ed è dotata di connettori con sistema brevettato di test delle perdite d’aria.

 

Tempco scambiatore 3 in 1

 

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Scambiatori a serpentino per pompe di calore geotermiche

In queste foto mostriamo degli scambiatori speciali a serpentino per pompe di calore geotermiche per acqua salmastra, che abbiamo consegnato a un cliente alcuni mesi or sono. Questi particolari scambiatori sono per immersione in pozzi geotermici presenti in un parco naturale con acqua termale nella zona di Napoli.

Le pompe di calore geotermiche sono una tipologia di pompa di calore che invece dell’aria sfrutta come sorgente termica rinnovabile il terreno o l’acqua, con coefficienti di performance e livelli di risparmio energetico interessanti.

Tempco scambiatori a serpentino

In quello che viene chiamato anche geoscambio termico, si sfrutta la caratteristica del terreno appena al di sotto della superficie di mantenere temperature stabili durante tutto l’arco dell’anno, senza risentire delle variazioni giornaliere o stagionali della temperatura esterna. Una pompa di calore geotermica raccoglie pertanto il calore dal terreno o dalle acque di falda, o da acque termali come nel nostro caso, per provvedere al riscaldamento di edifici durante l’inverno riducendo il consumo di combustibili fossili e i costi in bolletta, dissipando invece il calore verso il terreno in estate per il raffreddamento e condizionamento degli ambienti.

Tempco scambiatori serpentino pompe geotermiche

I particolari scambiatori che abbiamo realizzato impiegano l’acqua della pompa di calore come fluido di scambio con l’acqua salmastra del pozzo. La tipologia a serpentino è stata scelta per ragioni di spazio, in quanto il pozzo era molto ristretto, con un diametro di appena 220 mm, che rendeva impossibile l’impiego di scambiatori a piastre TCOIL a immersione. Il materiale di costruzione scelto per l’applicazione è rame stagnato, per garantire la resistenza alla corrosione da cloruri.

Tempco scambiatori pompe geotermiche

Tempco scambiatore pompe di calore geotermiche

 

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Come alimentare gli scambiatori saldobrasati con vapore

Quali sono gli accorgimenti tecnici da impiegare sugli scambiatori a piastre quando questi vengono utilizzati con il vapore? Nel caso di scambiatori a piastre ispezionabili non ci sono grossi problemi, in quanto è sempre possibile fare manutenzione e ripararli. Nel caso si presentino pressioni pulsanti, colpi di vapore o condensa che danneggia le guarnizioni, è infatti sempre possibile aprire lo scambiatore, sostituire le guarnizioni, richiudere, fare un test in pressione e lo scambiatore è pronto per tornare in funzione. Diversa è la questione se si ha uno scambiatore di calore saldobrasato alimentato a vapore, che non può essere riparato una volta che si è rotto.

La principale difficoltà nell’utilizzo di scambiatori a piastre con il vapore è quando non si ha un adeguato scarico di condensa, e questa ristagna all’interno dello scambiatore. Avviene quindi che all’ingresso di nuovo vapore in presenza di condensa stagnante, questa evapora rapidamente e si possono avvertire dei rumori, degli schiocchi secchi all’interno dello scambiatore. Questi sono dovuti all’istantanea evaporazione della condensa che provoca colpi di pressione molto elevati, che a lungo andare possono danneggiare lo scambiatore in modo irrimediabile.

 

E’ allora necessario installare uno scaricatore di condensa efficiente, e assicurarsi che la linea di scarico condensa non abbia contropressioni affinché questa possa essere drenata completamente. Sarà inoltre opportuno mettere una valvola rompivuoto a valle della valvola regolatrice del vapore che di fatto funziona come una valvola di ritegno al contrario: quando il flusso di vapore finisce, la valvola rompi vuoto si apre e fa entrare dell’aria, provvedendo al drenaggio completo dello scambiatore facendo fuoriuscire l’aria e la condensa attraverso lo scaricatore di condensa.

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