Qualche anno fa abbiamo effettuato un’analisi delle criticità evidenziate negli impianti con torri evaporative, installate in un paio di stabilimenti. Avvalendoci della collaborazione di uno studio di progettazione, è risultato evidente che il rapido ed eccessivo sporcamento dei pacchi di scambio delle torri comportava un calo di prestazioni a livello di raffreddamento, unito a un incrementale andamento degli assorbimenti elettrici.
L’ufficio tecnico si è quindi convinto a testare una torre con pacco di riempimento anti intasamento splash, con risultati lusinghieri, tanto da farla diventare la scelta di default sia per gli impianti di primo equipaggiamento che per il revamping delle torri esistenti.
Con un piano di manutenzione e integrazione annuale, il cliente sta quindi sostituendo tutti i sistemi di riempimento delle torri, che pur richiedendo macchine di maggiori dimensioni, e un investimento iniziale più elevato, si ripagano nell’arco di due stagioni con un importante abbattimento dei costi di manutenzione ed energetici.
Nel settore farmaceutico prendono sempre più piede i sistemi di termoregolazione mono fluido, per la regolazione precisa delle temperature nei reattori. Questo per consentire che al loro interno avvengano le necessarie reazioni per la produzione ad esempio di principi attivi, seguendo scrupolosamente le ricette di produzione che prevedono un determinato programma termico.
Le centraline di termoregolazione mono fluido sono quindi dei sistemi che se ben programmati consentono di seguire lo schema termico del reattore o della macchina chimica che servono. Le unità permettono quindi di monitorare, controllare e regolare le temperature del prodotto all’interno del reattore. La termoregolazione mono fluido avviene impiegando una pompa di circolazione, che assicura la circolazione del fluido tra la camicia del reattore, il semi-tubo della macchina e una batteria di scambiatori, o di riscaldatori elettrici. Il tutto controllato da un regolatore elettronico che regola la temperatura del fluido.
Sul circuito secondario è possibile avere vapore, per il riscaldamento del fluido, e acqua refrigerata o acqua di torre per il suo raffreddamento. In mancanza di vapore può essere impiegata una sezione di riscaldamento con delle resistenze elettriche, sempre comandate dal regolatore elettronico.
L’intero sistema può quindi essere controllato da remoto, tramite PLC, regolatore elettronico o altre interfacce. Il range di temperature è estremamente vario, andando da temperature sotto zero, anche fino a -30° C, fino a temperature molto elevate, fino ad arrivare a 250° C. A seconda delle temperature richieste il fluido impiegato potrà quindi essere semplice acqua, acqua glicole con anti gelo quindi, per scendere a basse temperature. Ancora, acqua pressurizzata e quindi surriscalda per arrivare fino a 140° C, e infine olio diatermico o olio siliconico per le alte temperature.
L’Olio diatermico viene solitamente usato per impianti che vanno solo in alta temperatura, mentre l’olio siliconico, o sintetico, si utilizza in impianti dove sono richiesti range di regolazione della temperatura molto vari, da sotto zero a temperature molto elevate. Questi oli hanno infatti la caratteristica di mantenere un buon scorrimento a basse temperature, e di offrire buone caratteristiche termodinamiche e fisiche anche alle temperature più elevate.
Infine, le centraline di termoregolazione mono fluido possono essere realizzate secondo diverse normative, a seconda del tipo di applicazione e del Paese di destinazione. Trattando di industria chimica e farmaceutica, molto spesso si ha infatti a che fare con ambienti Atex a rischio esplosivo. Se le centraline sono destinate al mercato degli Stati Uniti saranno conformi a norme UL, se invece si parla della Russia avranno certificazione EAC.
Molto spesso le centraline devono peraltro essere abbinate a gruppi frigoriferi dedicati, non integrati nella centralina al fine di garantire massima flessibilità e continuità della produzione, nel caso ad esempio di fault del sistema di raffreddamento. Questo tipo di sistemi di termoregolazione deve infatti garantire massima flessibilità, massima affidabilità e precisone estrema nel controllo della temperatura.
Una nostra collaborazione che dura ormai da circa dieci anni è per la fornitura di sistemi di raffreddamento dei bruciatori che vengono impiegati in impianti di riciclo e smaltimento delle batterie, con conseguente recupero dei materiali.
Questi sistemi hanno una composizione piuttosto tipica, che comprende:
dry cooler autodrenante che funziona solo con acqua
gruppo di pompaggio dotato di 2 pompe ridondate
quadro di comando e regolazione
Caratteristica peculiare della soluzione è la ridondanza dei componenti, in quanto in questo tipo di applicazione, che comporta condizioni estreme in funzionamento 24/7 per 365 giorni l’anno, è assolutamente indispensabile garantire la sicurezza del ciclo di raffreddamento.
Dato infine il tipo di ambiente molto aggressivo, con la presenza di acidi delle batterie, altra caratteristica di questa tipologia di impianto è quindi l’impiego di materiali in acciaio inox per la costruzione delle apparecchiature.
In ambito di risparmio energetico, un trend in atto è quello di implementare sistemi di free cooling combinati a gruppi frigoriferi, o chiller, impiegati nel raffreddamento di processi industriali.
Quando il raffreddamento in un certo processo produttivo richiede ad esempio acqua alla temperatura di 15° C, è infatti necessario ricorrere a chiller che consentono di ottenere acqua a quelle temperature per tutto l’anno. Durante l’inverno è però possibile sfruttare sistemi a scambio diretto grazie alle basse temperature ambientali. Si tratta di sistemi dry cooling o free cooling, che consistono in batterie di scambio o grandi radiatori ventilati che permettono di raffreddare l’acqua.
La convenienza del sistema dipende da due fattori, in primo luogo la latitudine del sito di installazione dell’impianto. In secondo, il livello di temperature dell’acqua di raffreddamento richiesto dal processo industriale implicato.
Ipotizzando di avere un processo che necessita acqua di raffreddamento a 15° C, durante l’estate sarà indispensabile avere un chiller. In inverno, invece, o comunque quando la temperatura esterna scende al di sotto dei 10° C, è possibile avere acqua a 15° C utilizzando un normale dry cooler. Ottenendo un notevole risparmio energetico: infatti si avrà comunque l’energia consumata per il pompaggio dell’acqua e per il circuito di ventilazione, ma si potranno spegnere completamente i compressori del gruppo frigorifero. Che per un impianto ad esempio da 100 kW possono comportare un consumo energetico di circa 30 kW l’ora. Il risparmio energetico ottenibile spegnendo i compressori sarà quindi tanto maggiore quanto più importanti sono le potenze termiche richieste.
Occorre pertanto valutare sia le temperature richieste dal processo sia le temperature medie stagionali nel sito di installazione, onde valutare accuratamente e caso per caso il ritorno dell’investimento dell’implementazione di un sistema di free cooling.
Potete vedere qui una nuova Infografica Tempco, dedicata all’Innovazione di processo con la diffusione di soluzioni IoT e di Intelligenza Artificiale tra le imprese manifatturiere. L’impementazione di queste tecnologie contribuisce alla transizione dell’industria di processo verso modelli data-driven, ovvero guidati dai dati. Macchine e componenti connessi ‘parlano’ infatti a operatori e gestori degli impianti, consentendo un monitoraggio in tempo reale dei livelli di avanzamento della produzione e al contempo dello stato di salute degli strumenti produttivi.
Il condition monitoring in tempo reale del processo e dei sistemi per produrre permette non solo di massimizzare la produttività e ridurre scarti ed errori, incrementando la qualità grazie a modelli matematici adattati alla tipologia di processo sviluppati con algoritmi di AI. L’intelligenza dei dati consente anche di allungare la vita utile di macchine e strumenti, abilitando funzioni di manutenzione predittiva per aumentare l’affidabilità e la disponibilità degli impianti, evitando costosi fermi di produzione imprevisti.
IoT e AI insieme provvedono infine a dare trasparenza sugli effettivi consumi energetici nei processi di produzione, permettendo un costante miglioramento in real time dell’efficienza energetica e la riduzione dei costi nell’industria di processo. In quest’ottica, anche la piattaforma iTempco sfrutta IoT, cloud e analytics per massimizzare il rendimento termico, l’efficienza e il risparmio energetico nelle applicazioni di controllo della temperatura e di gestione dell’energia termica nell’industria di processo di qualunque settore.
Per un gruppo chimicofarmaceutico italiano, abbiamo realizzato due centraline di termoregolazione impiegate sui reattori nella produzione di API. I due sistemi sono abbinati a chiller per la produzione della soluzione incongelabile a -10°C, a servizio della sezione di raffreddamento di entrambe le centraline.
Le centraline sono completamente carenate e sono state sviluppate per implementare la regolazione monofluido della temperatura nei reattori.
La termoregolazione monofluido è infatti un sistema molto impiegato nella produzione chimica e farmaceutica. Qui un unico fluido di lavoro circola all’interno di una batteria di scambiatori di calore e provvede alle diverse regolazioni delle temperature necessarie nelle diverse fasi di produzione. La soluzione consente di non avere tempi morti per lo svuotamento e il caricamento di fluidi diversi, ottenendo inoltre livelli estremamente fini di controllo della temperatura.
Le due centraline sono state infatti equipaggiate con soluzioni tecniche all’avanguardia, per ottenere la massima precisione nelle regolazione delle temperature di processo con tolleranza di +/- 1°C.
Molto spesso ci viene richiesto se nelle operazioni di manutenzione e rigenerazione degli scambiatori di calore a piastre sia sempre necessario sostituire tutte le guarnizioni. La risposta è… ni.
Nel senso che a volte la sostituzione è assolutamente necessaria, altre volte no, e ciò dipende strettamente dal tipo di applicazione coinvolta.
Occorre innanzitutto distinguere due casi, per primo quello in cui lo scambiatore di calore è di tipo per caldo e lavora con vapore. In questo caso, lo scambiatore sarà quasi sicuramente dotato di guarnizioni in EPDM, etilene propilene. Questo tipo di guarnizione risulterà stressata in modo importante dal vapore ad alta temperatura. Aprendo lo scambiatore ci si rende conto che le guarnizioni sono state stressate, perché l’EPDM ha un ritorno elastico inferiore al nitrile o al vition. Pertanto dopo 2 o 3 anni di esercizio perde il recupero elastico di una guarnizione nuova. Se quindi non le sostituisco, dopo aver lavato le piastre e aver rimontato lo scambiatore, questo avrà quasi sicuramente delle perdite. Pertanto occorre cambiare tutte le guarnizioni.
Se invece parliamo di uno scambiatore che lavora con acqua fredda, proveniente magari da una torre di raffreddamento a 30° C o da un gruppo frigorifero, dopo 3 o 4 anni di lavoro avrà le piastre sporche da lavare, ma è verosimile che smontandolo le guarnizioni appaiano come nuove. E’ quindi molto probabile che si possano recuperare e riutilizzare, specialmente se si tratta di guarnizioni a clip, senza uso di colla.
Certo anche qui occorre applicare il buon senso. Se l’intervento riguarda per esempio uno scambiatore molto grande, con un pacco piastre da 200, della larghezza di 0,4 mq ciascuna e bocchelli da 100-150… è chiaro che l’operazione di rigenerazione che faccio magari dopo 4 anni di esercizio avrà un costo importante. Sicuramente il costo del cambio delle guarnizioni avrà un parziale impatto, ma è di sicuro un buon investimento se poi, non cambiandole e chiudendo lo scambiatore a rigenerazione compiuta, questo comincia a perdere.
Il suggerimento è quindi di lasciare dare un occhio agli esperti, ovvero quando in Tempco apriamo uno scambiatore per la rigenerazione, nella proposta includiamo il costo delle guarnizioni, magari splittato. Chiamando quindi il cliente una volta aperto lo scambiatore per dire se conviene procedere con la sostituzione oppure se possiamo garantirgli un altro ciclo di lavoro mantenendo quelle vecchie.
Lo scorso mese abbiamo collaudato uno speciale gruppo frigorifero sviluppato per asservire delle linee di produzione di tubo per impianti di dialisi di un gruppo farmaceutico.
I tubi per impianti di dialisi richiedono un processo di produzione molto delicato, dal momento che vengono impiegati per il trasporto di sangue. I tubi sono nello specifico usati con pompa peristaltica, al cui interno vengono schiacciati per pompare il sangue.
Le caratteristiche meccaniche ed elastiche dei tubi sono pertanto molto importanti, dovendo essere morbidi e flessibili ma al contempo anche molto resistenti.
Quello che abbiamo fornito era il prototipo di una prima apparecchiatura che produce un flusso di aria refrigerata a temperatura controllata fino a -15° C, con livelli di precisione di +/-0,5° C. L’aria refrigerata viene utilizzata con un processo coperto da brevetto che consente di ottenere una efficace modifica del tubo per dialisi.
L’azienda impiegava in precedenza sistemi di raffreddamento a venturi che non permettevano però di ottenere l’effetto necessario. In fase di collaudo del nuovo gruppo frigorifero il cliente è risultato molto soddisfatto, tanto da pianificare l’implementazione di queste apparecchiature nelle linee di produzione presenti nei suoi stabilimenti a livello globale.
Gli scambiatori a fascio tubiero rappresentano un po’ la storia dello scambio termico, essendo stati i primi a essere impiegati per applicazioni di raffreddamento, sia industriali che nel condizionamento.
Esistono moltissime tipologie di scambiatori di calore a fascio tubiero, a tubi dritti scovolabili, a chioma, ovvero a fascio tubiero a U estraibile, possono essere multi passaggio o mono passaggio, a teste flottanti.
Le varie tipologie presentano ognuna vantaggi e limiti propri. Quelli che più impieghiamo sono della tipologia a tubi dritti scovolabili: in questi scambiatori le due testate possono essere smontate mettendo in mostra i tubi dritti in cui passa il fluido, che vanno da una testata all’altra. Essendo appunto dritti possono essere puliti uno per uno per mezzo di uno scovolino, asportando lo sporco accumulato. Il diametro dei tubi varia in funzione del tipo di fluido che vi scorre all’interno, del tipo di processo e di scambio termico. Solitamente si tratta di scambiatori saldati e il fascio tubiero non può essere estratto. Per cui nel mantello viene fatto passare il fluido pulito.
Questo tipo di scambiatori viene impiegato generalmente nella cogenerazione, in applicazione per il recupero di calore dai fumi esausti sui motori. I fumi passano nei tubi che vengono poi puliti. Un altro impiego è nel settore del biogas per la deumidificazione del biogas stesso. Il biogas passa nei tubi, all’esterno nel mantello c’è l’acqua glicolata pulita.
Sono altresì utilizzati per la produzione di acqua calda mediante vapore. L’acqua passa all’interno dei tubi e nel mantello passa il vapore, riscaldando l’acqua che esce a temperatura superiore.
I limiti degli scambiatori a fascio tubiero scovolabili sono legati alla loro lunghezza, per cui se serve uno schema termico lungo con salti termici molto lunghi dovrò mettere più scambiatori in serie. Il passaggio in serie è implementabile, ma richiede una costruzione molto più complessa delle testate.
L’altra classica tipologia è quella degli scambiatori a chioma, o a fascio tubiero a U estraibile. Abbiamo qui un fascio tubiero formato da tanti tubi piegati a forma di U, saldati su una sola testata. In questo caso la parte che può esser pulita è il mantello, quindi quella esterna, in quanto il fascio tubiero può essere estratto. Non è invece possibile pulire i tubi, in quanto la curva non può essere pulita con uno scovolino.
Il fluido sporco viene fatto passare normalmente dalla parte del mantello, anche se quando il numero dei tubi è elevato e sono fittamente ammassati, le operazioni di pulizia diventano davvero molto complicate.
Questo tipo di scambiatore permette invece di sfruttare meglio la lunghezza termica, in quanto la lunghezza termica delle tubazioni piegate a U risulta doppia rispetto alla lunghezza complessiva dello scambiatore.
A livello costruttivo, negli scambiatori di calore a fascio tubiero possono essere impiegati un po’ tutti i materiali, dall’acciaio inossidabile al rame al ferro. La scelta dipende dal tipo di fluido fa trattare, dal processo e dalle temperature coinvolte.
In seguito all’intervento dello scorso agosto per la completa rigenerazione degli scambiatori per un cliente che produce granulo di materia plastica per l’industria manifatturiera, l’azienda è tornata a contattarci per affidarci lo studio dell’aggiornamento del loro impianto di raffreddamento delle linee di produzione.
La crescita disordinata nel tempo dello stabilimento di produzione ha infatti portato a grosse difficoltà a livello della distribuzione dell’acqua di raffreddamento.
Dopo uno studio preliminare, il cliente ha accettato la nostra proposta di intervento a step successivi, divisi per aree di problema. Lo scopo è non fermare la produzione, procedendo quindi in maniera il meno invasiva possibile per continuare a garantire la continuità delle operazioni. Lo schema dell’intervento sarà quindi il seguente:
Intervento sulla distribuzione dell’acqua e relativa risoluzione
Una volta portata l’acqua a tutte le utenze in maniera corretta, analisi delle temperature richieste e della soddisfazione delle stesse, per implementare laddove necessario nuovi sistemi di raffreddamento, o intervenire con un potenziamento di quelli esistenti
TEMPCO studia e realizza sistemi e soluzioni per il raffreddamento, riscaldamento, termoregolazione e scambio termico, nei differenti processi produttivi industriali.