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Scambiatori a immersione TCOIL in bagni galvanici

Le piastre TCOIL che abbiamo realizzato per un impianto di ossidazione anodica di un importante cliente ben illustrano la versatilità e i vantaggi che questa tipologia particolare di scambiatori a immersione a piastre rigonfiate soffre.

Nella fattispecie, l’ordine proveniva da un importante costruttore di impianti di ossidazione anodica che opera sul mercato statunitense direttamente con una propria sede locale. Il cliente sta realizzando un impianto per un importante costruttore di aeromobili. Per termostatare le vasche di trattamento e di galvanica, il cliente nel progetto dell’impianto ha preferito fare ricorso alle piastre TCOIL in sostituzione di classici scambiatori a serpentino.

Tempco scambiatori a immersione TCOIL dimple jacket

L’utilizzatore finale ha infatti la necessità di lavorare pezzi di grandi dimensioni, con l’esigenza di poter sfruttare completamente la sezione di ingresso delle vasche. La soluzione con TCOIL offre quindi il grande vantaggio di avere una sezione di ingombro decisamente inferiore in confronto agli scambiatori a tubo/serpentino.

Abbiamo quindi realizzato 20 piastre TCOIL di diverse dimensioni, avvantaggiandoci della grande flessibilità di design tipica degli scambiatori dimple jacket per adattare i sistemi di termostatazione alle vasche già progettate. Le piastre vengono alimentate da acqua surriscaldata per la fase di riscaldamento, mentre viene impiegata acqua refrigerata per il ciclo di raffreddamento.

Il materiale di costruzione delle piastre è AISI 316L con spessori maggiorati, per garantire resistenza delle piastre degli scambiatori a immersione all’ambiente di lavoro estremamente severo tipico degli impianti di ossidazione anodica, con presenza di acido solforico nei bagni galvanici.

Tempco TCOIL ossidazione anodica

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Termostatazione reattori nella produzione di API

La presenza dei sistemi di termostatazione Tempco nell’industria farmaceutica diviene sempre più diffusa e distribuita. Poco prima dell’estate abbiamo acquisito una nuova commessa per un’azienda CDMO (Contract development and manufacturing organization), in pratica realtà che sviluppano e producono farmaci per conto di grandi multinazionali del farmaco… una sorta di contoterzista nel settore pharma.

Il cliente in questo caso è un importante gruppo italiano che produce API, che ha selezionato i nostri sistemi per la regolazione fine delle ricette di temperatura dei reattori impiegati in produzione.

Tempco termostatazione reattori API pharma

La fornitura prevede un set completo di scambiatori a piastre, sistemi di scambio termico in versione speciale per applicazione nella produzione di API con saldobrasatura nickel che offrono resistenza meccanica per pressioni pulsanti, destinati alla termostatazione dei reattori di laboratorio.

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Raffreddamento, preferenza tra chiller, torri e dry cooler

Un argomento sempre molto richiesto è quale sia il miglior sistema di raffreddamento da impiegare per raffreddare acqua da utilizzare per i processi produttivi, quando le opzioni possibili sono chiller, torri evaporative e dry cooler.

La scelta dipende innanzitutto dal livello di temperatura dell’acqua di raffreddamento richiesto. Chiaramente, se occorre acqua a 10° C, per esempio, o addirittura a 0° C o sotto zero, l’unica opzione possibile è il gruppo frigorifero, o chiller.

Vi sono poi però molte situazioni intermedie, dove l’acqua di raffreddamento è richiesta a temperature leggermente più elevate, per esempio 20-25 o 30° C, per cui sempre di acqua fredda si parla ma che può essere ottenuta sfruttando altre soluzioni. Ognuna delle quali presenta i suoi vantaggi e svantaggi, naturalmente.

Il gruppo frigorifero è il tipo di macchina termica che meno di tutte risente delle condizioni ambientali, se adeguatamente progettata. Vi sono chiaramente gruppi frigoriferi tropicalizzati che possono operare anche a temperature ambientali elevate, e che grazie ad appositi accorgimenti sono poi in grado di lavorare anche in condizioni invernali. Si parla qui di ventilatori EC, che provvedono alla variazione della velocità di condensazione.

Quando l’acqua di raffreddamento è richiesta a 25-30° C, è lì che si apre il dubbio se scegliere chiller, torre evaporativa o dry cooler. Tutto dipende dalle condizioni ambientali. Una torre evaporativa alle nostre latitudini, parlo di Italia del nord e centrale, Europa in generale, consente di ottenere acqua fredda a 29-30 o 31° C circa. Il dry cooler a questi livelli di temperatura inizia invece a faticare, in quanto il suo effetto raffreddante dipende strettamente dalla temperatura ambiente. Pertanto, durante la stagione estiva, con temperature che arrivano a 30-35° C, potremo avere acqua a temperature più alte di circa 5° C, quindi acqua a 35-40° C. E’ però vero che durante l’inverno, o nella mezza stagione, un dry cooler permette di avere acqua fredda alla temperatura desiderata.

Nel confronto tra torre evaporativa e dry cooler, la prima ha il vantaggio di avere acqua in circuito aperto, mentre il dry cooler ha un circuito chiuso dell’acqua, con effetti sulle performance. Avere un circuito chiuso però elimina gli effetti della polvere nell’aria e l’evaporazione dell’acqua, senza quindi consumo di acqua che porta alla sua concentrazione, rendendo necessario un reintegro di acqua trattata.

Di contro, con un circuito chiuso occorre fare attenzione al congelamento dell’acqua durante l’inverno, onde evitare la rottura dei tubi, e quindi occorre fare ricorso al glicol.

E’ insomma un discorso abbastanza complesso, che caso per caso va valutato per trovare la soluzione migliore. Uno dei trend oggi in corso è abbinare dei chiller ai dry cooler, o free cooling, che durante l’inverno possono sopperire al funzionamento del gruppo frigorifero, consentendo così di spegnere i compressori. Ottenendo significativi risparmi energetici. Lo stesso sistema di free cooling può essere ottenuto usando una torre evaporativa, ma in questo caso è consigliabile interporre uno scambiatore di calore, in quanto la torre a circuito aperto va incontro a contaminazione dell’acqua, che andrebbe trattata per non fornire acqua contaminata al processo produttivo.

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Scambiatori nel raffreddamento per veicoli a idrogeno

Idrogeno e celle a combustibile rappresentano una enorme opportunità di sviluppo per la mobilità del futuro, alternativa alle auto elettriche. Per un progetto relativo a un automezzo a idrogeno, stiamo fornendo in più tempi una serie di scambiatori saldati, con costruzione completamente in inox.

Gli scambiatori vengono impiegati nel veicolo per trasferire calore dal circuito di raffreddamento dedicato alle celle a combustibile al circuito principale di raffreddamento del mezzo, consentendo così di mantenere separati i due circuiti.

Tempco scambiatori raffreddamento celle a combustibile veicoli a idrogeno

 

Si tratta in pratica della stessa versione dei normali scambiatori a piastre saldobrasati, dove invece di utilizzare il rame la realizzazione è completamente in acciaio inox.

Il progetto è iniziato circa un anno fa con una serie di dimensionamenti e affinamenti tecnici, che hanno portato a definire i modelli di scambiatori da fornire. Come si usa in genere per tutti gli scambiatori di calore saldobrasati, e a maggior ragione su questi, sono stati condotti test distruttivi e test in pressione per garantire la massima affidabilità dei dispositivi di scambio termico.

testing scambiatori calore veicoli a idrogeno

Tempco testing scambiatori saldobrasati idrogeno

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Scambiatori e corrosione dei materiali in ossidazione anodica

Il tema già discusso delle applicazioni di ossidazione anodica ha dato il via a una serie di dubbi e domande, riguardanti soprattutto il tema della scelta dei materiali resistenti alla corrosione negli scambiatori di calore. Negli impianti di ossidazione anodica dell’alluminio infatti gli scambiatori lavorano con soluzioni di acido solforico in genere in concentrazione al 20%, e temperature di circa 20-25° C. Stando ai diagrammi di ISO-corrosione, queste condizioni consentirebbero di impiegare AISI 316. Il rischio è però che le temperature non siano sempre quelle, alzandosi a livelli superiori ad esempio durante lo spegnimento degli impianti nella stagione estiva.

Sarà allora opportuno selezionare un altro tipo di materiale, che è l’Avesta 254 SMO, materiale alto legata con ottima resistenza ai cloruri e a concentrazioni e temperature elevate. In caso non fosse sufficiente è possibile passare al Titanio, comunemente usato in applicazioni con acqua di mare offrendo elevata resistenza ai cloruri in concentrazioni molto elevate e ad alte temperature.

Parlando di costi, fatto 100 l’AISI 316, Avesta 254 SMO e Titanio valgono circa 200, a seconda poi delle variazioni di mercato.

Il discorso si complica a concentrazioni crescenti di acido cloridrico, per cui Titanio e Avesta non bastano più. Bisogna allora fare ricorso ad Hastelloy C276, altro materiale alto legata dai costi piuttosto importanti e di reperibilità relativamente bassa sul mercato. Si tratta però di un materiale stampabile a freddo, per cui ottima soluzione per le piastre degli scambiatori di calore.

 

Le scelte sono quindi abbastanza simili per scambiatori di calore a fascio tubiero, per cui è possibile trovare tubi in 254 SMO, tubi in titanio anche seppure con qualche difficoltà in più, e così per l’Hastelloy C276. Intervengono però qui anche altre soluzioni, per cui è possibile utilizzare scambiatori realizzati in altre tipologie di materiali, quali Incoloy e Monel. Andando però su materiali sofisticati con costi elevati sia come materia prima che nella lavorazione.

Quando il coefficiente di corrosione diventa ancora più elevato si opta quindi per scambiatori in grafite: scambiatori particolari, per qualche tratto simili a scambiatori a piastre o a fascio tubiero, e costruiti usando mescole di grafite.

Si passa poi agli scambiatori di calore in plastica, tipo di scambiatori a chioma fatti di tubicini in plastica che vengono immersi nella vasca da termostatare. I materiali in genere usati sono polipropilene, PVC e altri, a seconda poi del tipo di applicazione, della lavorabilità e delle temperature coinvolte. Quando si tratta infatti di dover scaldare, con la plastica occorre fare molta attenzione.

Infine, uscendo dall’ambito dell’ossidazione anodica ed entrando nel farmaceutico, pensando alla resistenza dei materiali con fluidi corrosivi, esistono anche scambiatori e reattori in vetro. Tenendo però ben presente che siamo qui in un ambiente che implica condizioni totalmente differenti rispetto a quelle più ‘pesanti’ di un impianto di ossidazione anodica.

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Pacchi di riempimento più efficienti nelle torri evaporative tessili

La parola magica è pacchi di riempimento anti intasamento nelle torri di raffreddamento. Uno storico cliente di Tempco con diversi stabilimenti con impianti tessili in Europa e un parco di torri evaporative importante, da qualche anno ha avviato un’operazione di potenziamento ed efficientamento dei costi di gestione relativi a queste apparecchiature.

Qualche anno fa abbiamo effettuato un’analisi delle criticità evidenziate negli impianti con torri evaporative, installate in un paio di stabilimenti. Avvalendoci della collaborazione di uno studio di progettazione, è risultato evidente che il rapido ed eccessivo sporcamento dei pacchi di scambio delle torri comportava un calo di prestazioni a livello di raffreddamento, unito a un incrementale andamento degli assorbimenti elettrici.

Pacco di scambio anti intasamento torri evaporative tessile

L’ufficio tecnico si è quindi convinto a testare una torre con pacco di riempimento anti intasamento splash, con risultati lusinghieri, tanto da farla diventare la scelta di default sia per gli impianti di primo equipaggiamento che per il revamping delle torri esistenti.

Con un piano di manutenzione e integrazione annuale, il cliente sta quindi sostituendo tutti i sistemi di riempimento delle torri, che pur richiedendo macchine di maggiori dimensioni, e un investimento iniziale più elevato, si ripagano nell’arco di due stagioni con un importante abbattimento dei costi di manutenzione ed energetici.

Torri evaporative pacchi riempimento non clogging tessile

Torri evaporative pacchi riempimento anti intasamento tessile

Pacchi riempimento torri raffreddamento tessile

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Termoregolazione mono fluido nel farmaceutico

Nel settore farmaceutico prendono sempre più piede i sistemi di termoregolazione mono fluido, per la regolazione precisa delle temperature nei reattori. Questo per consentire che al loro interno avvengano le necessarie reazioni per la produzione ad esempio di principi attivi, seguendo scrupolosamente le ricette di produzione che prevedono un determinato programma termico.

Le centraline di termoregolazione mono fluido sono quindi dei sistemi che se ben programmati consentono di seguire lo schema termico del reattore o della macchina chimica che servono. Le unità permettono quindi di monitorare, controllare e regolare le temperature del prodotto all’interno del reattore. La termoregolazione mono fluido avviene impiegando una pompa di circolazione, che assicura la circolazione del fluido tra la camicia del reattore, il semi-tubo della macchina e una batteria di scambiatori, o di riscaldatori elettrici. Il tutto controllato da un regolatore elettronico che regola la temperatura del fluido.

Sul circuito secondario è possibile avere vapore, per il riscaldamento del fluido, e acqua refrigerata o acqua di torre per il suo raffreddamento. In mancanza di vapore può essere impiegata una sezione di riscaldamento con delle resistenze elettriche, sempre comandate dal regolatore elettronico.

L’intero sistema può quindi essere controllato da remoto, tramite PLC, regolatore elettronico o altre interfacce. Il range di temperature è estremamente vario, andando da temperature sotto zero, anche fino a -30° C, fino a temperature molto elevate, fino ad arrivare a 250° C. A seconda delle temperature richieste il fluido impiegato potrà quindi essere semplice acqua, acqua glicole con anti gelo quindi, per scendere a basse temperature. Ancora, acqua pressurizzata e quindi surriscalda per arrivare fino a 140° C, e infine olio diatermico o olio siliconico per le alte temperature.

L’Olio diatermico viene solitamente usato per impianti che vanno solo in alta temperatura, mentre l’olio siliconico, o sintetico, si utilizza in impianti dove sono richiesti range di regolazione della temperatura molto vari, da sotto zero a temperature molto elevate. Questi oli hanno infatti la caratteristica di mantenere un buon scorrimento a basse temperature, e di offrire buone caratteristiche termodinamiche e fisiche anche alle temperature più elevate.

Infine, le centraline di termoregolazione mono fluido possono essere realizzate secondo diverse normative, a seconda del tipo di applicazione e del Paese di destinazione. Trattando di industria chimica e farmaceutica, molto spesso si ha infatti a che fare con ambienti Atex a rischio esplosivo. Se le centraline sono destinate al mercato degli Stati Uniti saranno conformi a norme UL, se invece si parla della Russia avranno certificazione EAC.

Molto spesso le centraline devono peraltro essere abbinate a gruppi frigoriferi dedicati, non integrati nella centralina al fine di garantire massima flessibilità e continuità della produzione, nel caso ad esempio di fault del sistema di raffreddamento. Questo tipo di sistemi di termoregolazione deve infatti garantire massima flessibilità, massima affidabilità e precisone estrema nel controllo della temperatura.

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Raffreddamento ridondato per bruciatori nel riciclo batterie

Una nostra collaborazione che dura ormai da circa dieci anni è per la fornitura di sistemi di raffreddamento dei bruciatori che vengono impiegati in impianti di riciclo e smaltimento delle batterie, con conseguente recupero dei materiali.

Questi sistemi hanno una composizione piuttosto tipica, che comprende:

  • dry cooler autodrenante che funziona solo con acqua
  • gruppo di pompaggio dotato di 2 pompe ridondate
  • quadro di comando e regolazione

Tempco dry cooler raffreddamento bruciatori riciclo batterie

Caratteristica peculiare della soluzione è la ridondanza dei componenti, in quanto in questo tipo di applicazione, che comporta condizioni estreme in funzionamento 24/7 per 365 giorni l’anno, è assolutamente indispensabile garantire la sicurezza del ciclo di raffreddamento.

Dato infine il tipo di ambiente molto aggressivo, con la presenza di acidi delle batterie, altra caratteristica di questa tipologia di impianto è quindi l’impiego di materiali in acciaio inox per la costruzione delle apparecchiature.

Tempco riciclo batterie cry cooler

Tempco raffreddamento bruciatori riciclo batterie

Quando implementare il free cooling è davvero conveniente?

In ambito di risparmio energetico, un trend in atto è quello di implementare sistemi di free cooling combinati a gruppi frigoriferi, o chiller, impiegati nel raffreddamento di processi industriali.

Quando il raffreddamento in un certo processo produttivo richiede ad esempio acqua alla temperatura di 15° C, è infatti necessario ricorrere a chiller che consentono di ottenere acqua a quelle temperature per tutto l’anno. Durante l’inverno è però possibile sfruttare sistemi a scambio diretto grazie alle basse temperature ambientali. Si tratta di sistemi dry cooling o free cooling, che consistono in batterie di scambio o grandi radiatori ventilati che permettono di raffreddare l’acqua.

La convenienza del sistema dipende da due fattori, in primo luogo la latitudine del sito di installazione dell’impianto. In secondo, il livello di temperature dell’acqua di raffreddamento richiesto dal processo industriale implicato.

Ipotizzando di avere un processo che necessita acqua di raffreddamento a 15° C, durante l’estate sarà indispensabile avere un chiller. In inverno, invece, o comunque quando la temperatura esterna scende al di sotto dei 10° C, è possibile avere acqua a 15° C utilizzando un normale dry cooler. Ottenendo un notevole risparmio energetico: infatti si avrà comunque l’energia consumata per il pompaggio dell’acqua e per il circuito di ventilazione, ma si potranno spegnere completamente i compressori del gruppo frigorifero. Che per un impianto ad esempio da 100 kW possono comportare un consumo energetico di circa 30 kW l’ora. Il risparmio energetico ottenibile spegnendo i compressori sarà quindi tanto maggiore quanto più importanti sono le potenze termiche richieste.

Occorre pertanto valutare sia le temperature richieste dal processo sia le temperature medie stagionali nel sito di installazione, onde valutare accuratamente e caso per caso il ritorno dell’investimento dell’implementazione di un sistema di free cooling.

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