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Infografica Tempco, progettare l’energia con le rinnovabili

La nuova Infografica Tempco è dedicata al mercato delle energie rinnovabili in Italia e nel mondo. Dopo le precedenti infografiche, focalizzate su Innovazione di processo grazie alla digitalizzazione e al Potenziare l’industria grazie ad automazione e robotica, abbiamo voluto dare uno sguardo alla componente energetica cuore e forza motrice di tutte le attività manifatturiere.

Le odierne sfide del cambiamento climatico impongono infatti un impegno da parte di tutta l’industria per uno sviluppo sostenibile e responsabile, rispettoso dell’ambiente. L’Energia è un elemento centrale nella strategia climatico-ambientale per tutti i settori industriali, comportando in prima istanza l’uso che ne facciamo. Il consumo energetico nell’industria deve essere sempre più intelligente ed efficiente, riducendo la quantità di energia richiesta nei processi industriali in ogni settore applicativo. Su questo fronte lavora da sempre Tempco, sviluppando soluzioni di recupero dell’energia termica e di efficienza energetica nelle applicazioni di raffreddamento, riscaldamento e termoregolazione industriale.

Il risparmio energetico non è però sufficiente: a monte del processo di generazione deve avvenire al contempo un cambiamento nel tipo di energia che viene consumata. Le fonti rinnovabili dovranno infatti crescere sempre di più per ridurre – e sul lungo termine possibilmente eliminare – il ricorso a combustibili fossili, causa delle emissioni di gas a effetto serra. Tempco supporta la crescita delle energie rinnovabili sviluppando per il comparto soluzioni per gestione dell’energia termica e per una produzione rinnovabile efficiente.

Un vero sviluppo sostenibile non può infatti prescindere dal continuo incremento della quota di energie rinnovabili nel mix energetico globale, tra idroelettrico, solare, eolico e bioenergia. Le rinnovabili sono infine l’unica chiave per il successo dei maggiori trend in corso, dall’elettrificazione della mobilità alle politiche di efficienza energetica nell’industria di processo.

Tempco Infografica rinnovabili progettare energia

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Tubazioni e impianti, attenzione al ghiaccio!

La stagione è ancora calda, ma è sempre opportuno in questo periodo dell’anno tornare a parlare di acqua e ghiaccio nelle applicazioni di raffreddamento. Come noto a tutti, l’acqua è un fluido dal comportamento particolare, che a differenza di altri fluidi comuni quando ghiaccia diminuisce la sua densità.

Questo perché quando solidifica a basse temperature, cambiando di stato, le particelle di ghiaccio si dispongono in una configurazione esagonale, espandendosi. Ecco che l’acqua quando ghiaccia diminuisce di densità aumentando di volume, ragion per cui galleggia sull’acqua allo stato liquido.

Questo fenomeno di aumento di volume al cambiare di stato fisico dell’acqua, certamente curioso, è però anche molto pericoloso per tubazioni e impianti industriali, serbatoi o in generale per contenitori che hanno un volume fisso. Nel momento in cui l’acqua ghiaccia e si espande, questi si spaccano. Esempi di scambiatori di calore spaccati dal congelamento dell’acqua sono molto comuni.

Come si previene allora il problema? Aggiungendo antigelo all’acqua negli impianti industriali quando sono installati all’esterno, poiché durante la stagione invernale possono raggiungere temperature molto basse. Oppure quando i fluidi impiegati vengono raffreddati da un gruppo frigorifero a temperature vicine allo zero o al di sotto.

La concentrazione di antigelo dipenderà quindi dal livello di temperatura da raggiungere, o dalla temperatura ambiente stimata nella stagione più fredda. Occorre quindi avere estrema cura negli interventi di manutenzione di controllare periodicamente il livello di concentrazione dell’antigelo, per cui esistono appositi strumenti, chiamati densimetri, dal costo anche molto contenuto. Questi sono impiegati per verificare che la concentrazione di glicol nell’acqua sia adeguata alle temperature coinvolte.

Attenzione, quindi, perché il ghiaccio spacca davvero tutto!

 

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Termoregolazione in produzione di contenitori in materiale plastico per farmaceutico

Da un primo incontro per un intervento su scambiatori di calore a piastre nell’ambito della revisione di una centralina oleodinamica, allo sviluppo di centraline di termoregolazione altamente customizzate. E’ il percorso avuto nella collaborazione di Tempco con un cliente storico della provincia di Milano opera nello stampaggio delle materie plastiche per la produzione di contenitori destinati al packaging nel settore farmaceutico.

Si tratta di un comparto fortemente competitivo e dove asprissime sono le battaglie sui prezzi, in cui le forniture si giocano spesso sui centesimi di prezzo. Il cliente in questione ha saputo ritagliarsi una sua quota di mercato in virtù degli elevati standard di qualità della produzione, per cui si avvale inoltre di un parco macchine molto importante.

packaging pharma termoregolazione

A seguito di un primo intervento con assistenza in tempo reale su scambiatori a piastre, come già detto, il rapporto con l’azienda si è quindi evoluto anche in ambito di termoregolazione. Il cliente era infatti da tempo alla ricerca di soluzioni più customizzate, e ha trovato nelle centraline di termoregolazione Tempco e nel nostro approccio SFC – standard custom flexibility, il partner che cercava.

Partendo quindi da una unità di termoregolazione standard, abbiamo apportato le opportune modifiche per rendere le centraline adeguate alle elevate richieste e alle necessità di una produzione di qualità come quella del cliente. Le centraline sviluppate implementano diverse caratteristiche speciali, quali:

  • Relè statici per il pilotaggio delle resistenze
  • carichi specifici bassissimi delle resistenze elettriche
  • circuito pressurizzato a elevata affidabilità con vaso di espansione speciale per eliminare i ripetuti problemi di cavitazione e depressurizzazione
  • interfaccia remota dedicata per gestione della centralina tramite il plc delle presse

Tempco scambiatore a piastre

Tempco centralina termoregolazione packaging pharma

 

A seguito di una serie di test preliminari, la scelta ha quindi portato a siglare un contratto di fornitura continuativa, che prevede oltre alla fornitura delle centraline anche un piano di assistenza programmata e pianificata per garantire sempre la massima affidabilità ed efficienza degli impianti.

 

presse packaging pharma stampaggio plastica

Pressa per stampaggio plastica. La centralina di termoregolazione viene gestita tramite il PLC della pressa

Tempco termoregolazione packaging pharmaceuticals

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Pompe a trascinamento magnetico, termoregolazione sicura

Perché scegliere pompe a trascinamento magnetico nei sistemi di termoregolazione? Nelle nostre centraline Tempco di termoregolazione con olio diatermico ad alta temperatura è una scelta preferenziale, in sostituzione delle classiche pompe a tenuta meccanica.

Cominciamo a chiarire il fatto che si parla qui di olio diatermico a temperature di 250, 300° C e anche 350° C. L’olio diatermico a queste elevate temperature è pericoloso e potenzialmente dannoso, per cui è prioritario scongiurare ogni possibile rischio di perdita dell’olio.

Una pompa a trascinamento magnetico è una tipologia di pompa che sfrutta un accoppiamento magnetico tra l’albero motore e l’olio in pressione nella girante della pompa. Eliminando quindi ogni genere di accoppiamento meccanico. Certamente la scelta di questa tipologia di pompa comporta costi più alti, ma non ha paragoni dal punto di vista della sicurezza che garantisce al processo.

E’ vero infatti che esistono pompe a tenuta meccanica per olio ad alta temperatura, e che funzionano anche molto bene. Ma quando le temperature dell’olio coinvolte cominciano a superare i 180° C, preferiamo utilizzare pompe a trascinamento magnetico. Con una pompa a tenuta meccanica è infatti sempre possibile che insorgano problemi, sia per una cattiva gestione della pompa sia ad esempio per una infiltrazione di aria, con possibili fenomeni di cavitazione della pompa.

Scegliere una pompa a trascinamento magnetico scongiura quindi senza possibilità di errore ogni rischio di perdita di olio ad alta temperatura, proprio in virtù del fatto che elimina la presenza di tenute meccaniche nel circuito di pompaggio dell’olio.

 

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Scambiatori a immersione TCOIL in bagni galvanici

Le piastre TCOIL che abbiamo realizzato per un impianto di ossidazione anodica di un importante cliente ben illustrano la versatilità e i vantaggi che questa tipologia particolare di scambiatori a immersione a piastre rigonfiate soffre.

Nella fattispecie, l’ordine proveniva da un importante costruttore di impianti di ossidazione anodica che opera sul mercato statunitense direttamente con una propria sede locale. Il cliente sta realizzando un impianto per un importante costruttore di aeromobili. Per termostatare le vasche di trattamento e di galvanica, il cliente nel progetto dell’impianto ha preferito fare ricorso alle piastre TCOIL in sostituzione di classici scambiatori a serpentino.

Tempco scambiatori a immersione TCOIL dimple jacket

L’utilizzatore finale ha infatti la necessità di lavorare pezzi di grandi dimensioni, con l’esigenza di poter sfruttare completamente la sezione di ingresso delle vasche. La soluzione con TCOIL offre quindi il grande vantaggio di avere una sezione di ingombro decisamente inferiore in confronto agli scambiatori a tubo/serpentino.

Abbiamo quindi realizzato 20 piastre TCOIL di diverse dimensioni, avvantaggiandoci della grande flessibilità di design tipica degli scambiatori dimple jacket per adattare i sistemi di termostatazione alle vasche già progettate. Le piastre vengono alimentate da acqua surriscaldata per la fase di riscaldamento, mentre viene impiegata acqua refrigerata per il ciclo di raffreddamento.

Il materiale di costruzione delle piastre è AISI 316L con spessori maggiorati, per garantire resistenza delle piastre degli scambiatori a immersione all’ambiente di lavoro estremamente severo tipico degli impianti di ossidazione anodica, con presenza di acido solforico nei bagni galvanici.

Tempco TCOIL ossidazione anodica

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Termostatazione reattori nella produzione di API

La presenza dei sistemi di termostatazione Tempco nell’industria farmaceutica diviene sempre più diffusa e distribuita. Poco prima dell’estate abbiamo acquisito una nuova commessa per un’azienda CDMO (Contract development and manufacturing organization), in pratica realtà che sviluppano e producono farmaci per conto di grandi multinazionali del farmaco… una sorta di contoterzista nel settore pharma.

Il cliente in questo caso è un importante gruppo italiano che produce API, che ha selezionato i nostri sistemi per la regolazione fine delle ricette di temperatura dei reattori impiegati in produzione.

Tempco termostatazione reattori API pharma

La fornitura prevede un set completo di scambiatori a piastre, sistemi di scambio termico in versione speciale per applicazione nella produzione di API con saldobrasatura nickel che offrono resistenza meccanica per pressioni pulsanti, destinati alla termostatazione dei reattori di laboratorio.

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Raffreddamento, preferenza tra chiller, torri e dry cooler

Un argomento sempre molto richiesto è quale sia il miglior sistema di raffreddamento da impiegare per raffreddare acqua da utilizzare per i processi produttivi, quando le opzioni possibili sono chiller, torri evaporative e dry cooler.

La scelta dipende innanzitutto dal livello di temperatura dell’acqua di raffreddamento richiesto. Chiaramente, se occorre acqua a 10° C, per esempio, o addirittura a 0° C o sotto zero, l’unica opzione possibile è il gruppo frigorifero, o chiller.

Vi sono poi però molte situazioni intermedie, dove l’acqua di raffreddamento è richiesta a temperature leggermente più elevate, per esempio 20-25 o 30° C, per cui sempre di acqua fredda si parla ma che può essere ottenuta sfruttando altre soluzioni. Ognuna delle quali presenta i suoi vantaggi e svantaggi, naturalmente.

Il gruppo frigorifero è il tipo di macchina termica che meno di tutte risente delle condizioni ambientali, se adeguatamente progettata. Vi sono chiaramente gruppi frigoriferi tropicalizzati che possono operare anche a temperature ambientali elevate, e che grazie ad appositi accorgimenti sono poi in grado di lavorare anche in condizioni invernali. Si parla qui di ventilatori EC, che provvedono alla variazione della velocità di condensazione.

Quando l’acqua di raffreddamento è richiesta a 25-30° C, è lì che si apre il dubbio se scegliere chiller, torre evaporativa o dry cooler. Tutto dipende dalle condizioni ambientali. Una torre evaporativa alle nostre latitudini, parlo di Italia del nord e centrale, Europa in generale, consente di ottenere acqua fredda a 29-30 o 31° C circa. Il dry cooler a questi livelli di temperatura inizia invece a faticare, in quanto il suo effetto raffreddante dipende strettamente dalla temperatura ambiente. Pertanto, durante la stagione estiva, con temperature che arrivano a 30-35° C, potremo avere acqua a temperature più alte di circa 5° C, quindi acqua a 35-40° C. E’ però vero che durante l’inverno, o nella mezza stagione, un dry cooler permette di avere acqua fredda alla temperatura desiderata.

Nel confronto tra torre evaporativa e dry cooler, la prima ha il vantaggio di avere acqua in circuito aperto, mentre il dry cooler ha un circuito chiuso dell’acqua, con effetti sulle performance. Avere un circuito chiuso però elimina gli effetti della polvere nell’aria e l’evaporazione dell’acqua, senza quindi consumo di acqua che porta alla sua concentrazione, rendendo necessario un reintegro di acqua trattata.

Di contro, con un circuito chiuso occorre fare attenzione al congelamento dell’acqua durante l’inverno, onde evitare la rottura dei tubi, e quindi occorre fare ricorso al glicol.

E’ insomma un discorso abbastanza complesso, che caso per caso va valutato per trovare la soluzione migliore. Uno dei trend oggi in corso è abbinare dei chiller ai dry cooler, o free cooling, che durante l’inverno possono sopperire al funzionamento del gruppo frigorifero, consentendo così di spegnere i compressori. Ottenendo significativi risparmi energetici. Lo stesso sistema di free cooling può essere ottenuto usando una torre evaporativa, ma in questo caso è consigliabile interporre uno scambiatore di calore, in quanto la torre a circuito aperto va incontro a contaminazione dell’acqua, che andrebbe trattata per non fornire acqua contaminata al processo produttivo.

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Scambiatori nel raffreddamento per veicoli a idrogeno

Idrogeno e celle a combustibile rappresentano una enorme opportunità di sviluppo per la mobilità del futuro, alternativa alle auto elettriche. Per un progetto relativo a un automezzo a idrogeno, stiamo fornendo in più tempi una serie di scambiatori saldati, con costruzione completamente in inox.

Gli scambiatori vengono impiegati nel veicolo per trasferire calore dal circuito di raffreddamento dedicato alle celle a combustibile al circuito principale di raffreddamento del mezzo, consentendo così di mantenere separati i due circuiti.

Tempco scambiatori raffreddamento celle a combustibile veicoli a idrogeno

 

Si tratta in pratica della stessa versione dei normali scambiatori a piastre saldobrasati, dove invece di utilizzare il rame la realizzazione è completamente in acciaio inox.

Il progetto è iniziato circa un anno fa con una serie di dimensionamenti e affinamenti tecnici, che hanno portato a definire i modelli di scambiatori da fornire. Come si usa in genere per tutti gli scambiatori di calore saldobrasati, e a maggior ragione su questi, sono stati condotti test distruttivi e test in pressione per garantire la massima affidabilità dei dispositivi di scambio termico.

testing scambiatori calore veicoli a idrogeno

Tempco testing scambiatori saldobrasati idrogeno

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Scambiatori e corrosione dei materiali in ossidazione anodica

Il tema già discusso delle applicazioni di ossidazione anodica ha dato il via a una serie di dubbi e domande, riguardanti soprattutto il tema della scelta dei materiali resistenti alla corrosione negli scambiatori di calore. Negli impianti di ossidazione anodica dell’alluminio infatti gli scambiatori lavorano con soluzioni di acido solforico in genere in concentrazione al 20%, e temperature di circa 20-25° C. Stando ai diagrammi di ISO-corrosione, queste condizioni consentirebbero di impiegare AISI 316. Il rischio è però che le temperature non siano sempre quelle, alzandosi a livelli superiori ad esempio durante lo spegnimento degli impianti nella stagione estiva.

Sarà allora opportuno selezionare un altro tipo di materiale, che è l’Avesta 254 SMO, materiale alto legata con ottima resistenza ai cloruri e a concentrazioni e temperature elevate. In caso non fosse sufficiente è possibile passare al Titanio, comunemente usato in applicazioni con acqua di mare offrendo elevata resistenza ai cloruri in concentrazioni molto elevate e ad alte temperature.

Parlando di costi, fatto 100 l’AISI 316, Avesta 254 SMO e Titanio valgono circa 200, a seconda poi delle variazioni di mercato.

Il discorso si complica a concentrazioni crescenti di acido cloridrico, per cui Titanio e Avesta non bastano più. Bisogna allora fare ricorso ad Hastelloy C276, altro materiale alto legata dai costi piuttosto importanti e di reperibilità relativamente bassa sul mercato. Si tratta però di un materiale stampabile a freddo, per cui ottima soluzione per le piastre degli scambiatori di calore.

 

Le scelte sono quindi abbastanza simili per scambiatori di calore a fascio tubiero, per cui è possibile trovare tubi in 254 SMO, tubi in titanio anche seppure con qualche difficoltà in più, e così per l’Hastelloy C276. Intervengono però qui anche altre soluzioni, per cui è possibile utilizzare scambiatori realizzati in altre tipologie di materiali, quali Incoloy e Monel. Andando però su materiali sofisticati con costi elevati sia come materia prima che nella lavorazione.

Quando il coefficiente di corrosione diventa ancora più elevato si opta quindi per scambiatori in grafite: scambiatori particolari, per qualche tratto simili a scambiatori a piastre o a fascio tubiero, e costruiti usando mescole di grafite.

Si passa poi agli scambiatori di calore in plastica, tipo di scambiatori a chioma fatti di tubicini in plastica che vengono immersi nella vasca da termostatare. I materiali in genere usati sono polipropilene, PVC e altri, a seconda poi del tipo di applicazione, della lavorabilità e delle temperature coinvolte. Quando si tratta infatti di dover scaldare, con la plastica occorre fare molta attenzione.

Infine, uscendo dall’ambito dell’ossidazione anodica ed entrando nel farmaceutico, pensando alla resistenza dei materiali con fluidi corrosivi, esistono anche scambiatori e reattori in vetro. Tenendo però ben presente che siamo qui in un ambiente che implica condizioni totalmente differenti rispetto a quelle più ‘pesanti’ di un impianto di ossidazione anodica.

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