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Come calcolare il volano termico nel raffreddamento di processo

Come si calcola e a cosa serve il volano termico, ossia i serbatoi di accumulo o serbatoi inerziali nelle applicazioni di raffreddamento con chiller asserviti a centraline di termoregolazione. Molto spesso i nostri chiller sono infatti asserviti a centraline di termoregolazione o di termostatazione che servono delle utenze, quali reattori farmaceutici o processi industriali in generale. In questi ambiti vi sono differenze di temperatura notevoli, che implicano all’interno dello stesso processo necessità di raffreddamento, di riscaldamento e di mantenimento di alte temperature.

Prendiamo l’esempio di un reattore farmaceutico, dove un prodotto deve essere portato a una temperatura elevata, poniamo 90° C, per ottenere una data reazione chimica. Una volta ottenuta la reazione chimica, il prodotto va mantenuto a una certa temperatura per un periodo di tempo definito, e poi deve essere raffreddato. Abbiamo allora una massa notevole di prodotto ad alta temperatura, una camicia del reattore in cui circola un fluido a elevata temperatura, e tutto questo va raffreddato. A questo punto la centralina di termoregolazione chiude la sezione di riscaldamento e apre il circuito di raffreddamento, mediante una valvola a due vie, a tre vie, modulante o on/off sullo scambiatore.

Il gruppo frigorifero è dimensionato per eseguire il raffreddamento di questa massa in un certo tempo. Ma all’inizio del processo di raffreddamento, avremo una enorme massa di fluido ad alta temperatura che entra in uno scambiatore, dove sul secondario vi è acqua fredda. Lo scambiatore andrà quindi a scambiare una potenza termica molto elevata, perché abbiamo un Delta T medio logaritmico elevatissimo che aumenta l’efficienza dello scambiatore. Tutta la potenza viene così scaricata sull’acqua di raffreddamento, e se non abbiamo un volano termico con un volume importante il rischio è di mettere in crisi il gruppo frigorifero.

Questo è dovuto al fatto che, se abbiamo poco volume, tutta questa energia viene scaricata nel serbatoio freddo, e l’acqua invece di tornare ad esempio 15° al chiller per essere raffreddata a 10° C arriva magari a 40-45° C o anche 50° C per un transitorio. Ciò basta a portare le pressioni di evaporazione del chiller fuori dal suo range di funzionamento. Con il risultato di mandare in blocco il gruppo frigorifero e interrompere il processo di raffreddamento necessario alla produzione.

Pertanto, è molto importante calcolare il volume di questo volano termico, o buffer, per avere un serbatoio in grado di attenuare questi picchi. Permettendo di mandare l’acqua al chiller a una temperatura che non lo metta in crisi. Il calcolo viene fatto in funzione dei volumi di prodotto in gioco, e quindi dell’energia, mantenendo un margine sul volume di questo serbatoio in modo che durante i picchi di lavoro le temperature rimangano nel range di lavoro del chiller, 20-25° C, 30° C al massimo.

A tal fine è importante che il cliente dia una mano, fornendo tutte le informazioni base relative al suo impianto, quali ad esempio i volumi di acqua che circolano, le lunghezze delle tubazioni, il volume del reattore nella fattispecie presa ad esempio, e la velocità a cui necessita che avvenga il raffreddamento. Il tutto per impostare correttamente la dimensione del chiller. Aiuta infine avere sulla sezione di raffreddamento della centralina una valvola modulante a tre vie, che permette di impostare una rampa di raffreddamento che rispetta le temperature e i tempi del cliente, e che consente al gruppo frigorifero di lavorare in maniera adeguata senza entrare in crisi.

 

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Scambiatore multipass per centralina idraulica di potenza

Quello che vedete nella foto qui sotto, è un importante scambiatore di calore a piastre che abbiamo fornito per asservire una centrale idraulica di potenza. Si tratta di una macchina notevole, come si evince dalle sue caratteristiche salienti:

  • Portata di olio di circa 2.500 lt/min ISOVG46
  • Acqua di raffreddamento a temperatura medio alta e con portata limitata
  • Potenza installata di circa 1.700 KW

La portata limitata dell’acqua di raffreddamento ha in particolare richiesto di progettare uno schema termico impegnativo. L’applicazione ha quindi nello specifico richiesto la progettazione e la realizzazione da parte di Tempco di uno scambiatore a piastre multipass con connessioni DN200. Le piastre dello scambiatore hanno spessore di 0,6 mm e guarnizioni in materiale NBR HT.

Il sistema ha infine esecuzione PN16.

 

Tempco scambiatore multi pass Centrale idraulica

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Chiller in termoregolazione banchi prova per motori EC su Zerosottozero

La rivista ZeroSottozero pubblica nel numero di marzo 2022 un articolo sulle centraline di termoregolazione Tempco, in applicazione asservita da Chiller per banchi prova di motori EC.

La procedura di testing per motori elettrici a controllo elettronico è un passaggio cruciale per garantire le prestazioni e i consumi dei motori alle diverse velocità di rotazione. Requisito essenziale in ottica di produzione sostenibile e risparmio energetico, temi quanto mai ‘caldi’ in questo momento storico.

Grazie ad Andrea Ballocchi di ZeroSottoZero per la collaborazione!

 

Zerosottozero termoregolazione chiller test bench motori EC

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Wind chill e torri evaporative

Quando mi trovo a spiegare come funzionano le torri di raffreddamento, spesso faccio riferimento a un particolare effetto che viene chiamato Wind chill, utile per spiegare i vantaggi delle torri rispetto all’uso di scambiatori di calore indiretti.

Il Wind chill, o fattore di raffreddamento dovuto al vento, fa riferimento a quella sensazione di intenso raffrescamento, o di freddo da brividi, che si sente quando uscendo dall’acqua al mare c’è vento. Questa sensazione è dovuta all’evaporazione dell’acqua sul nostro corpo, e a causare questo senso di freddo intenso e improvviso è l’effetto dell’evaporazione dell’acqua dalla nostra pelle che avviene asportando energia.

Questo è esattamente lo stesso effetto che si ha nei raffreddatori adiabatici e nelle torri evaporative in virtù del quale è possibile raffreddare la temperatura dell’acqua a un livello inferiore rispetto alla temperatura ambiente. Parlando di torri di raffreddamento, ai nostri clienti chiediamo infatti sempre quale sia il valore della temperatura di bulbo umido di progetto, essenziale per calcolare la torre stessa.

Guardando alle tabelle degli standard americani ASHRAE, o di qualsiasi tabella climatica, troveremo sempre i dati medi delle temperature di bulbo secco stagionali, invernali ed estivi, relativi alle varie aree geografiche. Allo stesso modo, una colonna sarà anche dedicata ai valori medi delle temperature di bulbo umido.

Spiegata in modo semplice, la temperatura di bulbo umido è quella temperatura che si ottiene se, prendendo un normale termometro da esterno, avvolgiamo il sensore, il bulbo, con uno straccio leggermente bagnato. Si vedrà la temperatura scendere, e questa è la temperatura del bulbo umido, ossia del bulbo bagnato, che è più bassa rispetto alla temperatura dell’aria esterna. Questa è altresì la temperatura di riferimento per la progettazione delle torri evaporative perché è la temperatura più bassa che si può raggiungere, ottenendo una temperatura dell’acqua in uscita dalla torre più bassa. Questo perché si sfrutta il calore latente di evaporazione, ovvero quella energia che viene asportata dall’evaporazione dell’acqua, che consente di abbassare la temperatura dell’acqua che viene raffreddata.

 

 

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Raffreddamento inverter in Russia con scambiatori a fascio tubiero speciali

Per un impianto di raffreddamento inverter di potenza, abbiamo fornito una serie di scambiatori di calore a fascio tubiero, perseguendo la specifica richiesta che ci è stata fatta dalla società di ingegneria committente.
La destinazione finale di questi scambiatori speciali è la Russia, Paese dove per l’installazione è richiesta la certificazione EAC, disponibile come standard sulla nostra gamma completa di scambiatori di calore.

Scambiatori fascio tubiero raffreddamento inverter EAC
Gli scambiatori che abbiamo impiegato presentano inoltre una costruzione particolare, in quanto il fascio interno è formato da una serie di tubi ad andamento spiroidale, che consente di ottenere un duplice scopo:

  • aumento dei coefficienti di scambio a causa dell’andamento turbolento del fluido
  • compensazione delle dilatazioni assorbita dalla particolare forma dei tubi

Scambiatori fascio tubiero raffreddamento inverter Russia

Scambiatori fascio tubierocertificazione EAC raffreddamento inverter

Gli scambiatori sono realizzati completamente in acciaio inossidabile.

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Scambiatori a doppia parete in oleodinamica

Gli scambiatori a doppia parete sono una particolare tipologia di scambiatori che trova applicazione anche nel settore dell’oleodinamica. Questi scambiatori sono caratterizzati dal fatto di avere una doppia piastra, o doppia parete appunto, per evitare che vi possa essere miscelazione tra fluidi primario e secondario in caso di rottura o perforazione di una piastra.

La tipologia di scambiatori a doppia parete trova applicazione in oleodinamica soprattutto in applicazioni estremamente delicate. Un chiaro esempio è il raffreddamento dell’olio del riduttore di una turbina in impianti di generazione di energia, dove l’organo meccanico è critico per il tipo di applicazione. Ritrovarsi qui con presenza di acqua nell’olio può portare a danni gravissimi e irreparabili.

L’applicazione più tradizionale fa uso di scambiatori a fascio tubiero del genere tubo in tubo, ossia con doppio tubo, o doppia parete. Questi sono dotati di particolari testate costruite in modo tale che, in caso di perdita di fluidi, la perdita defluisce in una speciale camera presente tra le due testate. Consentendo quindi di verificare la presenza di una perdita per intervenire e riparare.

Nel caso degli scambiatori di calore a piastre a doppia parete, la presenza di una doppia guarnizione nella zona dei bocchelli previene la possibilità di miscelazione tra i due fluidi. Quindi anche in caso di rottura di una guarnizione, lungo il perimetro esterno o nella zona dei bocchelli, la perdita di fluidi avviene verso l’esterno dello scambiatore. In caso di rottura di una piastra, vi è una camera d’aria tra una piastra e l’altra per cui si ha una fuoriuscita visibile di olio o acqua verso l’esterno dello scambiatore, facile quindi da ripristinare.

Vantaggi e svantaggi della soluzione a doppia parete: i vantaggi sono tutti a carico della sicurezza, per cui lo scambiatore a doppia parete è una scelta obbligata quando si ha l’assoluta necessità di evitare qualsiasi miscelazione tra fluido primario e secondario. Gli svantaggi sono diversi, a partire dal costo superiore in quanto il numero delle piastre è doppio, e quindi aumenta il costo dei materiali costruttivi. Inoltre, avendo spessori maggiori e una camera d’aria tra le due piastre, diminuiscono i coefficienti di scambio termico. Pertanto, oltre a richiedere materiali in quantità maggiore, va aumentata anche la superficie di scambio termico necessaria per assolvere lo stesso lavoro termico. Resta però una soluzione necessaria per poter prevenire possibili problemi negli impianti oleodinamici.

 

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Revamping nel raffreddamento freni carboceramici

La produzione di freni carboceramici è senza dubbio una delle tante eccellenze industriali italiane riconosciuta in tutto il mondo.
Dalle auto da competizione ad altissimo livello, alle hyper car blasonate, passando per i velivoli o i treni ad alta velocità, tutti questi sistemi impiegati nel settore automotive e aerospace necessitano di impianti frenanti in grado di garantire le massime prestazioni.

Tempco ha realizzato circa 12 anni fa un primo impianto di raffreddamento dei forni di ‘cottura’ dei dischi carboceramici. L’impianto da allora ha sempre funzionato in modo impeccabile. Nel frattempo abbiamo implementato un nuovo impianto di potenza quasi doppia, aggiornato allo stato dell’arte della tecnologia oggi disponibile ed equipaggiato con tecnologie di controllo efficienti e con sistemi di monitoraggio avanzati.

raffreddamento forni freni carboceramici

Dopo due anni di esercizio del secondo impianto, il cliente ha  voluto replicare le nuove tecnologie, implementandole anche sul primo impianto. Durante la fermata dello scorso fine anno, siamo quindi intervenuti con un profondo revamping e potenziamento, inserendo un nuovo sistema di controllo con PLC e pannello operatore, adottando il software di gestione e la strumentazione collaudata negli ultimi due anni.

Dopo 10 giorni di lavoro intenso, anche il nuovo impianto potenziato è qiundi stato messo in funzione con collaudo positivo.

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Oleodinamica e scambiatori a piastre, vantaggi meccanici e di ingegneria

Oltre ai vantaggi termodinamici che l’impiego di scambiatori di calore a piastre offre in applicazioni in ambito oleodinamico, in sostituzione dei tradizionali scambiatori a fascio tubiero, altri vantaggi riguardano aspetti più prettamente meccanici e di installazione e ingegneria.

Come già detto, si tratta qui di mantenere costante la temperatura dell’olio che esercita un lavoro negli azionamenti delle macchine operatrici. A parità di condizioni termiche, uno scambiatore di calore a piastre è molto più compatto di uno scambiatore a fascio tubiero, e questo influisce in primo luogo direttamente sulle dimensioni delle centraline idrauliche che servono l’impianto, che di conseguenza possono essere più piccole e compatte.

Altro grande vantaggio è quello di avere tutti e quattro gli attacchi sullo stesso lato dello scambiatore, due per l’acqua e due per l’olio. Ciò permette poi di sviluppare la profondità dello scambiatore in funzione della potenza richiesta, consentendo ai costruttori di macchine di fare delle standardizzazioni, ossia adottare un layout standard che impiega un certo tipo di scambiatore per un determinato schema termico, e in funzione della potenza delle pompe che verranno installate aumentare o diminuire il numero di piastre senza andare a toccare il design delle tubazioni.

 

L’uso di scambiatori a piastre invece che a fascio tubiero in applicazioni oleodinamiche rende molto più semplici anche le operazioni di manutenzione o sostituzione: sarà infatti sufficiente disconnettere gli attacchi dei tubi posti sullo stesso lato, estrarre il vecchio scambiatore e inserire quello nuovo. Andando poi a considerare centrali idrauliche di grandi dimensioni, dove è necessario passare da scambiatori saldobrasati a scambiatori ispezionabili, quest’ultimo vantaggio diviene ancora più evidente in quanto ci consente anche di riparare eventuali errori di progettazione o incrementi di potenza. Ciò grazie al fatto che uno scambiatore ispezionabile può essere facilmente potenziato aumentando il numero delle piastre, senza modificare il layout delle tubazioni.

Affrontare un simile problema avendo degli scambiatori di calore a fascio tubiero nell’impianto comporta invece grosse difficoltà, poiché lo scambiatore sarà più lungo, o più grande, con un mantello diverso, obbligando così il costruttore o l’impiantista a rivedere tutto il layout delle tubazioni.

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Scambiatori di calore potenziati in additive manufacturing

Le affinità e l’attrazione tra tecnologie additive e scambiatori di calore sembrano davvero essere molto forti e di sempre maggior interesse. Lo si evince chiaramente da quanto riporta questo interessante articolo pubblicato di recente su All3dp sull’impiego dell’additive manufacturing per la produzione di scambiatori di calore. Nello sviluppo di scambiatori sempre più efficienti nei processi di raffreddamento e riscaldamento industriale due sono infatti le leve su cui si spinge in genere, ovvero l’incremento della superficie di scambio termico e la concomitante riduzione delle perdite di carico.

La totale libertà di design che le tecnologie di produzione additiva e stampa 3D consentono permette quindi oggi di ripensare la progettazione degli scambiatori.

Tempco scambiatori saldobrasati

Nell’articolo si riporta l’esempio di un prototipo di scambiatore recentemente realizzato da GE Research e chiamato UPHEAT – Ultra performance heat exchanger enabled by Additive technology: lo scambiatore è in grado di sopportare temperature fino a 900° C, livello che supera di circa 200° C l’attuale limite degli scambiatori in commercio. Una simile macchina termica potrebbe secondo i ricercatori di GE trovare applicazione nel settore dell’energia, per abilitare una produzione di energia più pulita ed efficiente.

L’additivo metallico è al centro anche della ricerca nel comparto aerospace, dove sono allo studio per la NASA e la US Army scambiatori di calore realizzati con stampa 3D metallica in unico pezzo e potenziati grazie a metodi di ottimizzazione topologica, impiegando le stampanti 3D in metallo di Fabrisonic e 3D Systems.

Scambiatori di calore additive manufacturing 3D Systems

La stampa 3D porta infatti diversi interessantissimi vantaggi nella produzione di scambiatori di calore, consentendo di creare dispositivi di scambio termico più leggeri, compatti e performanti, oltreché più efficienti e affidabili. Innanzitutto, l’AM potrebbe rivoluzionare il processo di produzione, realizzando l’intero pacco piastre in un solo pezzo, eliminando passaggi quali la formatura, l’assemblaggio, il montaggio e la saldatura delle diverse piastre. Riducendo quindi non solo i tempi di produzione ma anche aumentando la robustezza e la leggerezza dell’unità di scambio termico.

Con la produzione additiva è altresì possibile creare qualsiasi tipo di geometria e forma, aprendo uno spazio progettuale virtualmente illimitato alla creazione di forme e geometrie interne uniche e personalizzate, sfruttando anche tecniche all’avanguardia di design generativo. Andando quindi anche nella direzione della miniaturizzazione dei componenti per applicazioni con requisiti di spazi molto ristretti. Come molto spesso anche in Tempco ci accade di vedere, e non solamente nei settori motorsport o aerospace citati nell’articolo.

La possibilità di creare in additivo pareti di scambio estremamente sottili aumenta infine la superficie di scambio termico all’interno dello scambiatore, incrementandone l’efficienza. Molto ampia è inoltre la varietà di materiali metallici che è possibile impiegare, dalle leghe di alluminio a materiali ad alta conduttività come rame e leghe di rame, fino alle leghe resistenti alle più alte temperature quali Inconel 718 e Inconel 625. Consentendo quindi anche la realizzazione di scambiatori di calore multi-materiale, come mostrato dall’esempio di scambiatore sviluppato da Gen3D, sviluppatore di soluzioni software per AM, con il produttore di stampanti 3D Aerosint con tecnologia laser powder bed fusion, che combina i vantaggi di una lega di rame ad alta conduttività per le superfici interne e acciaio ad alta resistenze per l’esterno dello scambiatore.

scambiatori di calore additive manufacturing

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Scambiatori di calore a piastre e oleodinamica

Nuovo video che inaugura una serie dedicata alla meccanica, e in particolare parliamo qui di scambiatori a piastre in applicazioni per oleodinamica.

Negli impianti oleodinamici fino a pochi anni fa si era soliti impiegare scambiatori di calore a fascio tubiero, o scambiatori ad aria. Mentre per gli scambiatori ad aria, sostanzialmente masse radianti che impiegano ventilatori elettrici, poco è cambiato negli anni, una interessante evoluzione c’è stata invece sul fronte del raffreddamento ad acqua: storicamente, per il raffreddamento di olio idraulico venivano, e vengono ancora, impiegati scambiatori a fascio tubiero.

Per il raffreddamento di olio idraulico recentemente hanno invece preso sempre più piede gli scambiatori a piastre, sia di tipo saldobrasato che ispezionabile. Il principale vantaggio che offrono è il fatto che consentono l’incrocio di temperature, diversamente da quel che può fare uno scambiatore a fascio tubiero. In una applicazione oleodinamica, l’olio va raffreddato a una temperatura abbastanza elevata, dal momento che in un impianto l’olio idraulico deve mantenere in genere una temperatura di circa 40° C, venendo raffreddato al suo ritorno dagli azionamenti idraulici.

Non occorre pertanto un raffreddamento spinto, e qui lo scambiatore di calore a piastre diventa vantaggioso in quanto consente di utilizzare acqua di raffreddamento a temperature più elevate. Non serve quindi disporre di acqua di raffreddamento a 15-20° C, ma è sufficiente avere a disposizione acqua di torre a 30° C, per ottenere lo stesso effetto di raffreddamento. Ciò grazie a una maggiore efficienza termica con di conseguenza la possibilità di impiegare una minore superficie di scambio termico.

In aggiunta, con gli scambiatori a piastre, potendo incrociare le temperature, è possibile impiegare meno acqua per ottenere lo stesso raffreddamento. Soluzione ottimale nel caso in cui nell’impianto ci sia poca acqua di raffreddamento disponibile, che è così possibile sfruttare al massimo ottenendo comunque un efficiente raffreddamento dell’olio idraulico nella centralina oleodinamica.

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