Iniziamo questo nuovo anno all’insegna della continuità nel cambiamento… torniamo infatti a parlare di raffreddamento nei data center, ultimo argomento con cui vi abbiamo salutato nel 2018. E dandovi il benvenuto in questo 2019, lo facciamo freschi di un nuovo logo per Tempco, un rinnovamento cui dedicheremo un prossimo post.
Tornando al raffreddamento nei data center, ci siamo imbattuti in un interessante articolo online che spiega come la corsa al potenziamento dei rack nei data center stia mettendo in crisi i tradizionali sistemi di raffreddamento ad aria, in favore del raffreddamento a liquido, argomento che avevamo già affrontato anche nei mesi scorsi. Secondo uno studio di Gartner riportato, il raffreddamento ad aria non è più in grado, nemmeno con i sistemi più grandi, di assicurare la dissipazione del calore nei data center dove il consumo elettrico sale dai 16 ai 20 kilowatt per rack. L’incremento di densità interessa inoltre tutti i data center a livello globale, e sempre secondo Gartner il raffreddamento a liquido dei data center cresce a un tasso del 25%.
La migliore efficienza di raffreddamento nei sistemi a liquido è dovuta al semplice fatto che i liquidi conducono il calore meglio dell’aria, con un’efficienza tra le 50 e le 1.000 volte superiore. Diverse sono le opzioni possibili di raffreddamento a liquido, dall’acqua a speciali fluidi non conduttivi, fino ai nanofluidi, speciali fluidi termovettori su cui lavorano diversi team di ricerca e che grazie all’aggiunta di nanoparticelle metalliche nei comuni fluidi operativi ne incrementano la conducibilità e la capacità di scambio termico.
Nel raffreddamento a liquido di data center gli scambiatori di calore possono essere posizionati nella parte posteriore dei rack o a diretto contatto con i componenti hardware grazie all’impiego di fluidi non conduttivi. Altro fronte decisamente interessante che sta prendendo piede è il ricorso all’immersione dei rack direttamente in fluidi dielettrici, o addirittura la creazione di data center sottomarini, come quello Microsoft nel progetto Natick, cui pure fa riferimento l’articolo, o del data center Green Mountain già citato anche nel nostro blog Tempco.
Il trend pone nuove sfide agli staff IT, generalmente spaventanti dalla presenza di acqua quando si parla di server, per la paura di possibili perdite. L’aumento di potenza di calcolo e di calore prodotto dai data center impone d’altra parte il ricorso a nuove soluzioni ad acqua e a liquido, che oggi vengono sviluppate con attenzione dal punto di vista della sicurezza dell’elettronica. Serve pertanto un cambio culturale da parte degli amministratori IT, con percorsi di formazione che li preparino al cambiamento tecnologico in corso nel raffreddamento delle infrastrutture IT.