Ho parlato spesso di scambiatori di calore a piastre e ne sono un convinto assertore.
Al di là del fatto che li venda e quindi possa avere degli interessi economici nel promuoverli, ritengo sinceramente che siano un prodotto estremamente valido tecnicamente, che permetta di risolvere moltissimi problemi legati allo scambio termico ed al recupero energetico, consentendo una efficienza ineguagliabile da parte di altri sistemi di scambio termico.
Purtuttavia devo ammettere che gli scambiatori hanno alcuni limiti tecnici:
- basse pressioni limite di design
- scambiatori ispezionabili 25 bar
- scambiatori saldobrasati 45 bar
- basse temperature di design
- scambiatori ispezionabili 180°C
- scambiatori saldobrasati 300°C
si può obiettare che stiamo all’interno di queste condizioni ci sono sicuramente una serie di applicazioni elevatissima, che comunque ci sono poi gli scambiatori all welded. Sono d’accordo, ma in ogni caso arriva un momento in cui bisogna trovare altre soluzioni.
Un altro problema che pone delle limitazioni all’impiego degli scambiatori a piastre è quello relativo allo sporcamento, ovvero quando si hanno particelle in sospensione con una granulometria elevata, dove l’applicazione di filtri autopulenti non è sufficiente a garantire l’efficienza e l’affidabilità del processo, lo scambiatore a piastre può diventare un problema.
La soluzione è quella di utilizzare gli scambiatori a piastre di tipo free flow, ovvero gli scambiatori di calore a piastre a canale largo, senza punti di contatto.
Gli scambiatori di calore a piastre tradizionali, presentano delle piastre con stampaggio della corrugazione a spina di pesce, che vengono montate con angoli di chevron (angoli della corrugazione) contrapposti di 180°, allo scopo di formare un reticolo di canalini, che inducano i fluidi a viaggiare all’interno con elevata turbolenza, in modo da ottenere elevati coefficienti di scambio termico.
Questa configurazione comporta una serie più o meno elevata di punti di contatto, con un diametro idraulico di passaggio che varia in funzione della profondità di stampaggio (pressing depth), che comunque non supera quasi mai i 4 mm. (la tendenza è quella di diminuire tale profondità allo scopo di aumentare ulteriormente i coefficienti di scambio).
E’ evidente a questo punto che una configurazione di questo tipo presenti problemi di sporcamento ed intasamento, in presenza di fluidi non proprio puliti.
Utilizzo degli scambiatori Free Flow (flusso libero)
Gli scambiatori FREE FLOW, presentano delle piastre con un tipo di stampaggio privo di punti di contatto, con un unico canale che può variare da 6mm. fino a 12mm., permettendone l’utilizzo con
- fluidi sporchi
- carichi di particelle in sospensione
- brodi di fermentazione
- polpe
- flocculi
- fanghi
- succhi non limpidi
Utilizzo degli scambiatori a piastre
Gli scambiatori di calore a piastre a canale largo, trovano quindi applicazione in tutti i processi produttivi che prevedano l’utilizzo di fluidi di processo o utility intasanti e/o no filtrabili.
Questi ultimi scambiatori presentano alcuni svantaggi:
- resistenza alla pressione differenziale limitata
- massima pressione di design limitata
- coefficienti di scambio inferiori rispetto ai tradizionali scambiatori a piastre
- maggior costo
Di volta in volta vale la pena verificarne l’utilizzo, in quanto comunque permettono ingombri e superfici inferiori ai classici scambiatori a fascio tubiero e costi sicuramente inferiori agli scambiatori a spirale.
Conclusioni
Merita ancora qualche riga una precisazione relativa al fatto che esiste una alternativa di minor costo, ma sicuramente di minor efficienza, che è quella degli scambiatori cosiddetti WIDEGAP, che non sono assolutamente paragonabili ai FREE FLOW.