Sto parlando ovviamente di protezione dalla corrosione in atmosfera marina dei macchinari…non certo di creme solari o mute in neoprene.
Ci capita molto spesso di installare i nostri macchinari in ambienti limitrofi al mare. Infatti molti insediamenti industriali, si sviluppano sulle coste, per problemi logistici e tecnologici.
Petrolchimici, power plants, impianti chimici, ce n’è per tutti i gusti.
In questi insediamenti, esistono delle necessità di resistenza alla corrosione delle apparecchiature, che non riscontriamo negli ambienti industriali classici, infatti oltre all’atmosfera già di per sé piuttosto aggressiva, dovuta a sospensioni causate dalle lavorazioni effettuate, si aggiunge l’atmosfera carica di salinità tipica del mare.
Esistono diversi studi effettuati sui vari tipi di protezione efficaci in questi ambienti, a queste abbiamo aggiunto una esperienza ormai maturata in anni di installazioni e di feedback dal campo.
Dobbiamo inevitabilmente distinguere di quale tipo di macchina stiamo parlando, infatti non potremo adottare la protezione che applichiamo ad un elettroradiatore ad una torre evaporativa e viceversa.
Queste macchine nascono per lavorare in ambienti già di per sé aggressivi, tanto è vero che il ciclo di protezione applicato a queste macchine nella versione standard, è adeguato anche per un ambiente marino industriale pesante:
- lamiera prezincata
- lavorazioni meccaniche preventive
- verniciatura con polveri poliestere ad alto spessore e cottura in forno
- bulloneria di assemblaggio inox
- assenza di viti “parker” o autofilettanti (per non rovinare il lavoro svolto qui sopra).
Questi sono i semplici ma efficaci sistemi che adottiamo.
Nel caso il cliente lo desideri, possiamo addirittura realizzare tutta la torre in acciaio inossidabile; personalmente consiglio questa esecuzione non tanto per il clima marino (i cloruri sono corrosivi nei confronti dell’acciaio inossidabile), quanto per atmosfere cariche di solventi o idrocarburi.
Alternativa ulteriore la vetroresina, anche in questo caso un distinguo è d’obbligo…parlo di vetroresina ad alto spessore, altrimenti la resistenza chimica cede decisamente il passo di fronte alla resistenza meccanica non accettabile per un prodotto industriale.
Per quanto riguarda la carpenteria di supporto, ripeto praticamente quanto citato per le torri.
Il punto debole qui diventano le tubazioni in rame e le alette in alluminio.
Fondamentalmente ci sono due alternative:
- stagnatura
- verniciatura epoxy
Il primo metodo, prevede il rivestimento complessivo dello scambiatore con stagno, mediante immersione a caldo.
Metodo efficace, ma parecchio costoso, che inficia in una certa misura l’efficienza dello scambiatore
Il secondo metodo, che tendiamo a raccomandare, prevede una verniciatura con vernici epossidiche, che garantisce una elevata resistenza alle nebbie saline concentrate.
Anche questo metodo costa abbastanza, ma negli anni si è dimostrato decisamente efficace, con numerose applicazioni su radiatori installati su piattaforme estrattive, quindi in pieno “clima marino”
Per i gruppi frigoriferi, vengono applicati i due metodi sopradescritti contemporaneamente.
La carpenteria viene realizzata come per le torri evaporative, mentre i condensatori ad aria, vengono trattati esattamente come gli elettroradiatori.
In questo caso, essendo prodotti speciali realizzati praticamente su commessa, ci si rifà alle secifiche dettate dal main contractor o dalla società di engineering (Saipem, Tecnimont, Maire, Tenova, Technip, Aramco, Mol, ecc…).
Nel caso non vi siano specifiche particolari, solitamente prevediamo una abbondante mano di primer zincante inorganico, su base sabbiata SA2,5 seguita da un ciclo di vernice epossidica.
Tutta la bulloneria anche in questo caso sarà in acciaio inossidabile, anche se spesso viene richiesta in acciaio nichelato.
Da questo punto di vista devo dire che le specifiche più restrittive che abbiamo finora trovato, risultano quelle relative a delle piattaforme per il mare del Nord in Norvegia…