Nei processi industriali molto spesso ci si ritrova di fronte alla necessità di impiegare degli scambiatori di calore con funzione di condensazione.
Solitamente per questo tipo di applicazione, si utilizzano degli scambiatori a fascio tubero, con opportuni volumi e dimensionamenti decisamente ingombranti.
Ci sono tutta una serie di interessanti applicazioni, che permettono l’impiego di scambiatori a piastre opportunamente progettati e dimensionati.
Questa tipologia di scambiatore come sempre, permette risparmio di spazio, di fluidi di servizio, di strutture di supporto (sono tipicamente più piccoli, efficienti e leggeri rispetto ai paritetici scambiatori a fascio tubero).
In funzione dei fluidi di processo che si devono condensare, si dovrà effettuare una prima scelta legata alla tipologia di scambiatore a piastre; la discriminante è legata a diversi fattori:
- compatibilità dei fluidi con i materiali delle guarnizioni
- compatibilità dei fluidi con i materiali delle piastre
- compatibilità dei fluidi con i materiali delle saldature (brasature)
- temperatura di design
- pressione di design
E’ evidente che se dovremo condensare dei solventi aggressivi nei confronti degli elastomeri tipici delle guarnizioni degli scambiatori a piastre (gomma fluorurata, epdm, nbr), la nostra attenzione si dovrà rivolgere sicuramente verso scambiatori completamente saldati.
D’altra parte, in caso i fluidi che circolano nello scambiatore stesso, fossero “sporcanti”, potremo analizzare una soluzione con scambiatori semisaldati, con guarnizioni a contatto con il processo imbustate in ptfe.
Un ottimo compromesso viene dagli scambiatori di tipo saldobrasato, compatti, economici, efficienti, presentano il problema del materiale di brasatura. Infatti nel caso si utilizzino i saldobrasati in rame, ci potrebbero essere problemi di compatibilità con il rame (ammine ecc…), in questo caso potremo utilizzare scambiatori saldobrasati in nickel.
Ovviamente i saldobrasati hanno un limite fisico nel loro impiego, infati quando le portate in gioco diventano importanti, con volumi specifici bassi, le dimensioni dei bocchelli non potrebbero più essere sufficienti per contenere le velocità di passaggio, quindi dovremmo in ogni caso rivolgerci a scambiatori di altro tipo (all welded o nuovamente ispezionabili).
Nella gamma degli all welded esistono poi dei modelli che permettono di utilizzare le bocche di ingresso dei gas in maniera “customizzata”, garantendo una ottima efficienza, unita alle condizioni di lavoro ottimali.
E’ possibile altresì modificare il numero di bocchelli in ingresso (raddoppiandoli), in modo da poter far passare maggiori portare di gas, in scambiatori relativamente piccoli.
Il problema classico dei condensatori a piastre è legato alla tipologia e numero di connessioni, che non permettono di avere dei bocchelli dedicati per sfiati o drenaggi, risulta però di facile applicazione una serie di accessori, che ne permettono l’utilizzo senza problemi, come dei piccoli serbatoi di raccolta condensato, con relative connessioni accessorie.
Un altro problema che potrebbe porsi con gli scambiatori a piastre, quando si utiliza un fluido primario criogenico, è la formazione di ghiaccio; con un buon algoritmo di regolazione del sistema di adduzione dell’azoto liquido (fluidocriogenico per eccellenza), si può risolvere egregiamente anche questo problema.
Applicazioni tipicamente affrontabili con scambiatori di calore a piastre sono i “vent condenser” oppure i “blow down“, dove ormai l’applicazione di questa tipologia di scambiatori è sicuramente affermata.
In caso di fluidi corrosivi, si possono utilizzare materiali nobili su scambiatori semisaldati (compatibilmente con le condizioni di processo come dicevamo sopra), tipo hastelloy, titanio, acciai altolegati.
Quando poi le condizioni diventano proibitive, si dovrà passare necessariamente a scambiatori di tipo differente ed a materiali diversi (ad esempio grafite), ma questo diventa un altro argomento.
Queste applicazioni permettono sicuramente un migliore sfruttamento dell’energia di secondo livello impiegata nei relativi processi, infatti la peculiarità degli scambiatori a piastre di permettere incroci di temperature spinti, permette di ottimizzare ed economizzare le portate di fluido di servizio, garantendo al contempo dei sottoraffreddamenti di sicura efficienza, senza diventare delle “gigantesche e pesanti cattedrali”.